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Export 2017: una politica estera per le PMI

di Barbara Weisz

Pubblicato 23 Giugno 2017
Aggiornato 10 Luglio 2019 20:00

Export italiano in crescita: i mercati e settori in cui investire, ruolo strategico della filiera, strumenti per PMI: Report SACE (gruppo CDP) 2017.

Fine della crisi e della recessione, il PIL italiano cresce ancora poco ma il traino dell’Export continua a funzionare e, dopo il modesto +1,6% del 2016, promette di marciare a un ritmo del 4% fino al 2020: la stima è del report Export 2017 di SACE “Export unchained, dove la crescita attende il Made in Italy“. Vengono delineati i 15 mercati su cui le imprese dovrebbero maggiormente concentrare gli sforzi nei prossimi anni (in testa Stati Uniti, Cina, Russia), con tanto di tassi di crescita previsti. Strumenti importanti a disposizione delle PMI alle quali Roberta Marracino, direttore Area Studi e Comunicazioni di SACE (gruppo CDP), segnala l’importanza strategica di “avere una politica estera”, cogliendo le opportunità rappresentate dai paesi che offrono l’occasione di aumentare la propria competitività.

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Andrea Guerra, amministratore delegato di Eataly, manager che certo non ha bisogno di presentazione, ritiene che in un’impresa almeno il 70-75% del fatturato dovrebbe provenire dai mercati esteri. Alfredo Altavilla, COO Emea di FCA, sottolinea che sui mercati internazionali la qualità italiana ha un premium price che consente di superare l’eventuale svantaggio rappresentato da dazi doganali e politiche protezionistiche. Un punto su cui insiste parecchio anche Guerra: impariamo dai francesi, lavoriamo sulla filiera distributiva per fare sistema.

Puntare sulla filiera è, fra l’altro, una strategia particolarmente a misura di PMI, perché consente di superare il limite dimensionale valorizzando invece la qualità e la specializzazione tipiche del sistema produttivo italiano. Eataly è un esempio di impresa che dieci anni fa non esisteva, ha avuto successo negli anni della crisi, puntando su un settore tipico del Made in Italy (il Food) e sull’Export (che vale il 90% del fatturato), portando sui mercati internazionali oltre 8mila nuovi prodotti italiani (che prima non uscivano dai confini della Penisola). Insiste Roberta Marracino: viviamo una fase in cui la globalizzazione sta cambiando pelle, soprattutto grazie all’interconnessione (altro strumento a favore delle PMI, il digitale abbatte le distanze geografiche), e che accanto all’interscambio di merci offre nuove opportunità anche a servizi, progetti e idee.

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Torniamo ai dati, partendo da un presupposto: l’Export è stato in questi anni il principali volano di crescita del paese (4,8 punti di pil in sei anni). L’Italia ha una struttura di esportazioni più diversificata rispetto ad altre economie europee: il 44% dell’Export è rivolto verso economie extra-UE, contro il 42% della Germania, il 41% della Francia, il 33% della Spagna. Questo significa da un lato che;

«i beni italiani sono già ben inseriti nella catene globali del valore»; dall’altro «l’elevata esposizione verso destinazioni non europee ci rende più esposti a eventuali rigurgiti protezionistici, trattandosi spesso di aree non soggette ad accordi bi o multilaterali di libero scambio».

La strategia delle imprese e del sistema Italia, in definitiva, non può non puntare sulle esportazioni: dobbiamo «tenere gli occhi fissi sulla strada e il piede sull’acceleratore», conclude Marracino.

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Ecco i 15 paesi individuati per la crescita delle esportazioni Made in Italy (dopo i paesi europei ad alto reddito): Usa, Cina, Russia, Emirati Arabi Uniti, Repubblica Ceca, Arabia Saudita, Messico, India, Brasile, Sudafrica, Indonesia, Vietnam, Qatar, Perù, Kenya. Si tratta di mercati che nel 2016 hanno generato 85,2 miliardi per l’export italiano (significa il 20% delle esportazioni totali), e nel 2020 varranno oltre 100 miliardi. L’incremento è dovuto al fatto che questi paesi aumenteranno entro il 2020 le importazioni dal mondo del 5,7%, e la quota di mercato italiano vanta significativi margini di crescita. Premesso che il mercato europeo resta la più importante destinazione dei prodotti italiani (vale oltre il 50%), fra i 15 mercati internazionali sopra elencati la performance migliore è attesa dal Nord America, con una crescita del 5%.

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Ecco la mappa dell’export italiano per macro-aree.

export italiano

 

Per quanto riguarda, infine, i settori, molto positive le prospettivi di chimica, mezzi di trasporti, agribusiness, mentre si registrano criticità per meccanica strumentale e metallurgia. Verso quali mercati: per la chimica, la crescita maggiore è vista in Iran, Indonesia, Emirati Arabi Uniti, per i mezzi di trasporto, Malesia, Turchia e Brasile, per agricoltura e alimentari Romania, Giappone, Arabia Saudita.

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In tabella, le prospettive di crescita per i diversi settori nel 2017 e al 2020.

settori export

Per approfondimenti: Export unchained, dove la crescita attende il Made in Italy