La Banca Centrale Europea ha lasciato invariati i tassi di interesse, lasciando intravedere la fine della stretta monetaria. Nella riunione del 26 ottobre, l”istituto di Francoforte ha interrotto la lunga serie di rialzi, iniziata nell’estate 2022.
Resta fermo l’impegno a portar l’inflazione ancora troppo elevata sotto il 2%, ma si incamera nella decisione odierna la forte diminuzione dei prezzi al consumo.
Stop alla stretta monetaria: le motivazioni BCE
Un effetto diretti della stretta monetaria fin qui attuata, secondo la presidente BCE, Christine Lagarde:
i passati aumenti dei tassi di interesse decisi dal Consiglio direttivo continuano a riflettersi prepotentemente sulle condizioni di finanziamento.
Questo frena la domanda e contribuisce a spingere verso il basso l’inflazione.
Di conseguenza, gli attuali tassi di riferimento «mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale» all’obiettivo di raggiungere l’obiettivo di inflazione sotto il 2%.
Gli attuali tassi di riferimento
I tre tassi di rifinanziamento principale restano quelli attuali.
- Tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali: 4,5%
- Tasso sulle operazioni di rifinanziamento marginale: 4,75%
- Tasso sui depositi: 4%
Effetti sui mutui
La decisione di politica monetaria si riflette sull’economia reali in termini di impatto sul mercato dei prestiti e dei mutui, in particolare per quelli variabili, che a settembre hanno raggiunto il 5,13%.
E’ aumentato negli ultimi mesi anche il costo dei nuovi mutui a tasso fisso, che hanno sfondato il tetto del 4%, attestandosi a 4,14%.
I dati sono di Mutuionline, che sottolinea: «se a luglio la rata mensile di un mutuo da 140mila euro a 30 anni era di 648 euro, oggi sarebbe di 676 euro (+4,3%), portando a pagare quasi 10mila euro di interessi in più nella vita del mutuo (+10,8% rispetto a 3 mesi fa)». Attenzione: il ragionamento riguarda le nuove operazioni, per chi ha già un mutuo a tasso fisso naturalmente non cambia nulla.
Alessio Santarelli, direttore generale Gruppo MutuiOnline, definisce la stabilizzazione dei tassi di interesse una buona notizia per i consumatori: «altri rincari avrebbero portato ulteriori difficoltà e incertezze per le famiglie italiane già alle prese con gli aumenti dei prezzi dei beni di prima necessità. Auspichiamo che i tassi vengano mantenuti stabili per i prossimi mesi e che sia possibile pensare a un calo già nella prima metà del 2024».
In ogni caso, pur con l’aumento record del tasso fisso, questa opzione resta più conveniente del variabile.
Lo dimostrano i dati sulle richieste di mutuo a tasso variabile, che sono il 5,3% del totale, mentre i fissi rappresentano il 93,1%.
Aumentano inoltre del 15% le richieste di mutui sotto i 15 anni nonostante l’IRS sulle brevi durate sia più costoso rispetto a quello sulle durate più lunghe, mentre continuano a calare gli importi medi richiesti che ora si attestano sui 129mila 565 euro.
Per trovare un importo più basso bisogna tornare al secondo trimestre del 2019 (125mila 948 euro). Continua a crescere il reddito medio dei richiedenti, pari a 2mila 885 euro, oltre 80 euro in più rispetto al secondo trimestre dell’anno.