Elezioni 2018, nasce la Terza Repubblica

di Barbara Weisz

Pubblicato 5 Marzo 2018
Aggiornato 27 Marzo 2018 11:04

Il trionfo M5S, la leadership del centrodestra alla Lega, il crollo del PD e della sinistra, le maggioranze possibili, la spaccatura Nord-Sud, l'ascesa di una nuova classe politica: tutti i risultati del voto.

Le elezioni 2018 consegnano un Paese profondamente mutato, con tutti gli schemi politici fin qui seguiti e conosciuti non più praticabili: il Movimento 5 Stelle è di gran lunga il primo partito, intorno al 31% del voti. A livello di coalizione, vittoria del centrodestra con il sorpasso della Lega, che è il secondo vincitore della tornata elettorale. Frana il Pd. Il risultato: nessuna coalizione o partito ha la maggioranza, sono necessarie alleanze per formare il Governo. Qualsiasi maggioranza per formarsi ha bisogno del Movimento 5 Stelle, non c’è un esecutivo possibile senza il partito guidato da Luigi Di Maio.

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Scenari di voto

Ma ci sono altri risultati usciti dalle urne. La geografia politica del Paese è completamente inedita. Al Sud i Cinque Stelle non si limitano a vincere, ma imperversano: sono sopra il 50%, potrebbero governare l’Italia meridionale senza nessun bisogno di alleanze. In Sicilia, Sardegna, Puglia e Basilicata si profila la vittoria in tutti i collegi di Camera e Senato, non c’è l’en plein ma quasi in Calabria e Campania. Nel Nord, imperversa invece il centrodestra, con la Lega primo partito, sopra il 17% sia alla Camera sia al Senato, mentre Forza Italia è intorno al 14%. Il centrosinistra perde le storiche roccaforti del Centro Italia, in Toscana ed Emilia Romagna vince molti collegi ma la mappa delle due Regioni rosse per eccellenza è frastagliata.

Dunque, un Paese in cui ci sono tre grandi aree politiche e una marcata differenza di voto fra Nord e Sud.

Ingovernabile? Questa la domanda che tutti si pongono. In realtà, tutto dipende ora da due fattori fondamentali: la divisione precisa dei seggi alla Camera e al Senato, per valutare la consistenza delle maggioranza possibili. E il modo in cui andranno le consultazioni, con le decisioni di fondo che tutte le forze politiche dovranno ora affrontare. Per ora, l’unica certezza è rappresentata dall’impossibilità di fare maggioranze senza il M5S.

Ed è qui un’altra notizie del voto: hanno perso anche le larghe intese. PD e Forza Italia sono i due partiti che vanno peggio, in termini di confronto con le ultime politiche. La formazione di maggioranze parlamentari artificiose che hanno sommato voti di forze politiche anche molto distanti fra loro, e soprattutto non rappresentative della direzione che il paese stava prendendo è stata punita. Il voto impedisce qualsiasi forma di inciucio possibile.

Il tutto, non avviene a causa di un astensionismo altissimo. L’affluenza alle urne non è certo alta, ma scende di pochi punti rispetto alle politiche 2013. Gli italiani votano sempre di meno, ma non disertano in massa i seggi per protesta. Impediscono, però, che il Parlamento prenda per l’ennesima volta una direzione che non ha niente a che fare con il voto.

Quale nuovo governo

Quale che sarà la maggioranza, sarà formata dal primo partito italiano e da un alleato, di centrodestra o di centrosinistra. Questa è la vera incognita aperta: chi farà l’opposizione e chi invece sarà disponibile a governare con i 5 Stelle?

Le considerazioni non finiscono qui. Le elezioni 2018 segnano definitivamente la sconfitta di una classe politica (la famosa seconda repubblica, se mai è esistita, è stata spazzata via): la sinistra è stata sconfitta in tutte le sue possibili sfaccettature, il PD crolla e Liberi e Uguali fatica superare lo sbarramento del 3% (si tratta del partito formato, fra gli altri, dai presidenti uscenti delle due Camere). Significa che c’è un bagaglio di voti intorno al 25% non rappresentato da una dirigenza politica (almeno, non da quella che si è presentata al voto).

Le dimissioni di Matteo Renzi da segretario apriranno una fase critica all’interno del PD. Un discorso simile vale per Forza Italia: la leadership tradizionale, che ruota intorno a Silvio Berlusconi, è uscita debole dal voto. E anche qui, c’è un pacchetto di voti intorno al 14% che non ha una risposta nella classe politica.

E c’è, invece, una nuova classe politica, indiscutibilmente.

Il Movimento 5 Stelle in poco più di dieci anni ha formato una forza che è diventata di Governo, non limitandosi a intercettare una domanda di politica che nasceva nel paese ma riuscendo anche a rispondere adeguatamente. Molti i dibattiti che si possono aprire sul modo in cui questo è avvenuto, anche con l’analisi degli strumenti utilizzati (innovativi dal punto di vista politico e tecnologico).

La Lega, ovvero il partito più vecchio d’Italia fra quelli che si sono presentati a queste elezioni, ha a sua volta fatto un balzo in avanti, con Matteo Salvini che è il nuovo leader del centrodestra italiano.

Di Maio ha 31 anni, Salvini è un 45enne, quindi c’è stato un cambio generazionale. La formazione politica di Luigi Di Maio nasce (anche) con gli strumenti innovativi messi in campo in questi anni dai 5Stelle, quella di Salvini è stata invece tradizionale, partita sul territorio, dalla militanza in un partito, al consiglio comunale della sua città, alla leadership nazionale.