Gli assegni familiari concessi ai lavoratori autonomi in pensione sono talmente bassi da rasentare lo scandalo, soprattutto se paragonati a quelli degli ex dipendenti. Stiamo parlando dell’irrisoria cifra di 10 euro e 21 centesimi al mese per ogni familiare a carico. Importo che, tra l’altro, è fermo dal 1988 quando è entrata in vigore la legge 153: 27 anni fa. A fronte di questa analisi l’ANAP-Confartigianato chiede al Parlamento e al Governo di porre fine alla discriminazione tra lavoratori autonomi e dipendenti, equiparando gli importi degli assegni familiari riconosciuti ai pensionati con figli a carico.
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Franco Filice, vice presidente nazionale dell’ANAP, spiega:
«La legge 153 del 1988, istituendo l’assegno per il nucleo familiare, ne ha circoscritto purtroppo l’applicazione ai soli pensionati provenienti dal lavoro dipendente. Per i pensionati provenienti dal lavoro autonomo (ex artigiani, ex commercianti, ex coltivatori diretti) è rimasta invece in vigore la vecchia normativa e i trattamenti di famiglia a loro erogati, quando ne hanno diritto, si chiamano “quote di maggiorazione della pensione” per carichi familiari».
Il presidente ANAP, Giampaolo Palazzi, aggiunge:
«Tale discriminazione è particolarmente odiosa dal momento che si parla di famiglie di pensionati con redditi molto bassi. L’ANAP e le altre organizzazioni dei pensionati del mondo del lavoro autonomo, anche attraverso il CUPLA, si battono da tempo per far approvare dal Parlamento una modifica della legislazione esistente che parifichi tutti i pensionati, indipendentemente dall’attività professionale svolta nella vita attiva. Tale azione proseguirà anche se, finora, si è ottenuto solamente la presentazione di proposte di legge che poi non sono giunte all’approvazione conclusiva».
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La richiesta è quindi modificare l’attuale legislazione equiparando i diritti di tutti i pensionati, autonomi e dipendenti.