CENSIS: piccole imprese “invisibili” ma solide

di Alessandra Gualtieri

23 Giugno 2009 12:30

L'ultima ricerca CENSIS conferma la buona salute di piccole e microimprese in Italia: poco rappresentate ma tenaci e produttive. Tuttavia, aumenta il rischio disoccupazione per paralavoro e Terziario

A margine dell’appuntamento annuale “Un mese di sociale” promosso dal CENSIS, il Centro Studi Investimenti Sociali ha diffuso i dati del suo ultimo studio su “La società solida degli invisibili“.

Dal rapporto CENSIS emerge forte, in barba al pessimismo generato dalla crisi economica, una crescente voglia di produttività e competitività da parte di lavoratori autonomi, piccole aziende e microimprese italiane.

Si tratta di realtà imprenditoriali scarsamente tutelate e rappresentate, ma che vogliono trovare voce a livello economico e politico, forti del proprio primato: l’economia italiana si basa sulla piccola impresa, con il 39,2% degli investimenti realizzati.

Dati alla mano, 4,3 milioni di piccoli imprenditori con meno di 20 impiegati, che forniscono lavoro a 9,8 milioni di addetti per un valore aggiunto di 303 miliardi di euro (il 44,8% di quello prodotto).

Sono proprio le piccole (meno di 50 addetti) e le piccolissime imprese (sotto i 10 addetti) a reggere meglio l’impatto della crisi: con un saldo positivo sulle esportazioni – rispettivamente 33,6% e 30,1% – superiore alla media italiana (28,8%).

Forti del proprio valore, i piccoli imprenditori e il Terziario “senza denominazione” non ci stanno più a subire senza poter replicare con la necessaria eco.

La denuncia è chiara: ad oggi, una grossa fetta dell’occupazione (4.628 milioni di persone, pari al 20% del totale) è costituita da forme di “paralavoro“, generando un panorama sconfinato di dipendenti con contratti a termine, apprendisti e interinali, collaboratori a progetto e consulenti a partita IVA.

Il problema è che è proprio il paralavoro a non riuscire a reggere ai colpi della crisi (con una perdita netta di 136mila posti di lavoro), a differenza del lavoro stabile, mentre sono sempre meno (circa la metà) i posti di lavoro nel Terziario.

In particolare, a causa della crisi e degli effetti nefasti dei ritardi nei pagamenti, la domanda di Servizi avanzati alle imprese si è fatta oggi più selettiva, mettendo a rischio il 22,8% dell’attuale occupazione.