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Marchio "Made in Italy", una breve illusione: circoleranno ancora prodotti "quasi" italiani

di Davide Di Felice

Pubblicato 19 Novembre 2009
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:41

Con la circolare 12489-B del 9 novembre scorso destinata alle organizzazioni imprenditoriali e alle sedi delle agenzie delle dogane, il Ministero dello Sviluppo Economico (Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione) ha fornito una serie di chiarimenti in merito alle disposizioni per la tutela del Made in Italy.

Ancora troppa confusione tra ciò che sarà  100% italiano e ciò che lo sarà  … solo un po’, con buona pace della trasparenza (tutta da verificare) nei confronti dei consumatori.
In buona sostanza, sembra totalmente rimessa nelle mani dei produttori e dei distributori più seri la “buona pratica” di indicare il vero luogo d’origine e di produzione delle merci.

La legge 23 Luglio 2009 n. 99, recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese nonché in materia di energia, prevedeva, all’art. 17, comma 4, una norma dedicata specificatamente alla tutela del Made in Italy.

Detta norma, laddove considerava fallace indicazione l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia senza l'indicazione precisa, in caratteri evidenti del Paese o del luogo di fabbricazione o di produzione, ha dato luogo ad una serie di problemi interpretativi, in particolare di diritto transitorio, che ne hanno reso problematica l'applicazione.

In conseguenza di ciò e nell'ottica della depenalizzazione degli elementi della fattispecie recati dalla legge 23 luglio 2009 n. 99 che avevano integrato la previsione dell'articolo 4, comma 49 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, il legislatore ha tipizzato la fattispecie di cui si tratta, introducendo uno specifico comma nella predetta norma (il comma 49-bis), abrogando (con l'art. 16, comma 8, rubricato “Made in ltaly e prodotti interamente italiani”, del decreto legge 25 settembre 2009. n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità  europee) la disposizione introdotta dalla legge n. 99 del 2009 e definendo positivamente i contorni della condotta inchiesta al titolare o al licenziatario del marchio al fine di informare correttamente il consumatore circa l'effettiva origine del prodotto accompagnato dallo stesso.

Il nuovo articolo 4, comma 49-bis (introdotto dall’art. 16. comma 6 del decreto legge n. 135/09), ha stabilito, sotto comminatoria di una sanzione amministrativa pecuniaria, la illiceità , sub specie di fallace indicazione, dell'uso del marchio, da parte del titolare o del licenziatario, qualora lo stesso avvenga con modalità  tali da indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce sia di origine italiana, ai sensi della normativa europea sull'origine.

Al riguardo, è fatto obbligo ai soggetti interessati, (titolari o licenziatari di marchi) di accompagnare i prodotti o le merci alternativamente (e non cumulativamente) con:

  • indicazioni precise ed evidenti sull'origine o provenienza estera o comunque sufficienti ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull'effettiva origine del prodotto;
  • un'attestazione, circa le informazioni – che gli stessi soggetti renderanno in fase di commercializzazione – sulla effettiva origine estera di prodotti o merci.

L’art. 17, comma 4, della legge 99/09 considerava “fallace indicazione l'uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dell'Italia.. senza l'indicazione precisa in caratteri evidenti del Paese o del luogo di fabbricazione..”

L'art.16 D.L. 135/09 ha abrogato la suddetta disposizione, stabilendo (più “blandamente”) che il prodotto o la merce sia accompagnata da “indicazioni precise ed evidenti.. o comunque sufficienti…, ad evitare qualsiasi fraintendimento del consumatore sull’effettiva origine del prodotto…”.

Da quanto precede, il Ministero deduce che la nuova disposizione – eliminando il riferimento al Paese o al luogo di fabbricazione o di produzione, di cui all'abrogato art. 17, comma 4, legge n.99/09 ed avendo di mira una corretta informazione al consumatore – consente di accompagnare il prodotto sul quale il marchio è apposto da una appendice informativa, escludendo pertanto la fattispecie della fallace indicazione.

Tale appendice informativa (che, oltre ad essere direttamente applicata sul prodotto o sulla confezione, nei casi concreti può assumere anche le forme di cartellino o targhetta applicata allo stesso) può concretizzarsi, a titolo meramente esemplificativo, in una delle seguenti diciture:

  • prodotto fabbricato in …..;
  • prodotto fabbricato in Paesi extra Ue;
  • prodotto di provenienza extra Ue;
  • prodotto importato da Paesi extra Ue;
  • prodotto non fabbricato in Italia.

Rimane quindi impregiudicata la facoltà  (ma non l’obbligo) per il titolare del marchio o il licenziatario di provvedere ad indicazioni più puntuali circa l'origine o la provenienza del prodotto: sia esplicitando anche il Paese di produzione o fabbricazione; sia provvedendo alle indicazioni suddette direttamente sul prodotto o la confezione, laddove sia possibile.

Nei casi In cui tali attività  non fossero materialmente possibili anteriormente alla fase della commercializzazione (anche per ragioni dimensionali, produttive o distributive) il titolare o il licenziatario del marchio può comunque far ricorso ad una specifica attestazione (nella fase di transito presso gli uffici doganali) il cui modello è allegato alla circolare, con cui si impegna a rendere, in fase di commercializzazione, le informazioni ai consumatori sull'effettiva origine estera del prodotto.

In tale caso, per il Ministero si reputa necessario, al fine di evitare una disparità  di trattamento nei confronti di coloro che avessero optato per le più rigorose diciture sopraindicate rendere, in detta attestazione, le “Indicazioni precise ed evidenti…o comunque sufficienti…” che si sostanziano nelle diciture e modalità  sopraindicate a titolo esemplificativo.

L'Amministrazione deputata al ricevimento delle attestazioni provvederà  esclusivamente alla loro raccolta e alla messa a disposizione dell'autorità  competente al controllo.

La prescritta indicazione dell'origine non italiana dei prodotti va inserita ove trovano abitualmente posto le indicazioni sulla qualità  e le caratteristiche dei prodotti stessi, in modo conforme alla prassi del settore e alle abitudini dei consumatori dei prodotti considerati (purché comunque in modo distinto dalle altre indicazioni), cosi da poter essere percepita chiaramente dal pubblico.

Tale indicazione non dev'essere necessariamente incorporata nel prodotto, ma può anche essere inserita in elementi amovibili come hang-tags o similari anche aggiunti dopo l'importazione, dal momento che, per il rispetto della norma, è considerato sufficiente che l'origine non italiana sia specificata al consumatore in sede di commercializzazione, ciò dovendo in tal caso essere dichiarato dal titolare o licenziatario del marchio all'atto dell'importazione.

La nuova norma non può trovare applicazione ai prodotti che sono già  nei negozi, e più in generale a quelli che sono già  stati realizzati e contrassegnati dal marchio prima della sua applicabilità  (10 novembre 2009).
Tale circostanza potrà  essere oggetto di autocertificazione.

I prodotti sottoposti a regimi sospensivi e quelli immessi in libera pratica, ma non destinati al mercato italiano, non rientrano nel campo di applicazione della normativa in commento, rimanendo impregiudicata l’applicazione delle norme doganali in materia.

Ai prodotti per i quali “il disegno, la progettazione, la lavorazione ed il confezionamento sono compiuti esclusivamente sul territorio italiano” sono riservate l'indicazione “realizzato interamente in Italia”, oppure “100% made in Italy”, “100% Italia”, “tutto italiano” e similari, come prescritto dall'art. 16 del decreto legge n. 135/2009, ai commi da 1 a 4.