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Incapacità dei manager

di Alessia Valentini

Pubblicato 15 Ottobre 2010
Aggiornato 19 Settembre 2022 15:36

Le motivazioni alla base dei potenziali fallimenti dei manager: continua il viaggio nell'universo Manager per comprendere le cause di inefficienza della classe manageriale

Dopo aver tracciato il profilo del manager ideale e della situazione reale nelle aziende italiane, la dottoressa Désirée Renault, ci aiuta a fare un ulteriore passo nell’analisi delle motivazioni che portano al fallimento di un ruolo di leadership. Vediamo dunque le componenti che maggiormente incidono e causano inadeguatezza operativa, per i quali esistono tuttavia interventi risolutivi, basati su consulenze esterne e formazione ma anche… su un po’ di saggezza!

Motivazioni del fallimento

Il manager può fallire la propria missione semplicemente perchè la persona che ne ricopre l’incarico può commettere errori. Tuttavia, precisa la dt.ssa Renault, è necessario distinguere fra errori in buona fede e quelli mediati da interessi personali o addirittura provocati dalla e dal desiderio di aumentare il proprio potere.

Se “incapacità” significa non saper fare una cosa, la dt.ssa Renault chiarisce che nessun manager è incapace in tutte le attività che gli competono: plausibilmente ha delle lacune da migliorare e dei punti di forza dove si esprime al meglio. Quel che probabilmente fa la differenza è la pseudo competenza: una competenza costruita, inconsistente, imparata a memoria e indossata come un vestito che non appartiene realmente all’individuo.

Non è così infrequente incontrare professionisti che sembrano estremamente competenti ma ad un’analisi più attenta rivelano lacune sostanziali. Queste persone “si sanno vendere molto bene” facendo credere di saper fare ciò che invece non gli appartiene. Ovviamente anche questa è una pur discutibile capacità…

Fattori di rischio

Si potrebbe imputare a giovane età ed inesperienza le cause che portano al fallimento, ma Renault ci spiega che, per propria esperienza, non si può definire l’età come fattore di rischio. Tanto più che, se fosse così, non si potrebbe offrire a giovani capaci e competenti la possibilità di esprimere le loro potenzialità.

A fare la differenza è piuttosto la consapevolezza di sé e di come la propria personale esperienza abbia forgiato il proprio modo di agire. La consapevolezza riguarda i propri punti di forza ma anche le aree di miglioramento. In più, riguarda anche il proprio modo di muoversi nel mondo, di relazionarsi con gli altri, fattore che contribuisce a definire il proprio reale valore.

Più aumenta la consapevolezza di sé e più diminuisce la possibilità di “fallire” nel proprio ruolo, e di conseguenza diminuisce la possibilità di demotivare i collaboratori e comportarsi in modo non funzionale rispetto al raggiungimento degli obiettivi aziendali.

Ulteriore elemento distintivo è l’equilibrio personale, diretta conseguenza della consapevolezza, che porta a conoscersi profondamente. Una persona equilibrata evita di trasferire al ruolo ricoperto conflitti interiori,e insicurezze che, per quanto dissimulati, alla lunga emergeranno e porteranno a commettere degli “errori”.

La mancanza di esperienza specifica può non essere un fattore di rischio se il manager ha l’umiltà (da non confondere con sottomissione n.d.r.) di avvalersi di collaboratori competenti.

In sintesi il compito del manager è gestire, organizzare e pianificare, per cui può non possedere delle competenze specifiche in un determinato settore ma deve: esserne cosciente, averne consapevolezza; avere l’umiltà di riconoscerlo, cioè possedere equilibrio e fiducia di sé per non “temere di non sapere” e non sentirsi a rischio di perdere il proprio ruolo; avere la capacità di individuare tra i propri collaboratori quelli che meglio lo possono supportare nel presidio dell’operatività e nella scelta della strada migliore da intraprendere.

Questo comportamento ha anche una ricaduta motivazionale positiva sui collaboratori che sentono di essere coinvolti nel processo decisionale, dare il proprio contributo al raggiungimento degli obiettivi aziendali, essere importantiper l’azienda e farne parte attivamente.

Da un punto di vista valutativo, un manager è bravo quando riesce a espletare efficacemente il proprio ruolo in tutte le attività fin qui descritte. Ma accade raramente perché nessuno è totalmente capace di svolgerle tutte. Tuttavia, le caratteristiche più importanti sono la capacità di pianificazione, controllo e gestione delle Risorse-Persone.

Supporto aziendale ai manager

In alcuni casi accade che manager ritenuti inadeguati vengano estromessi dall’azienda: è sempre una decisione difficile oltre che un processo lungo e non indolore per entrambe le parti, anche in termini economici. Prima di arrivare a questo si possono mettere in campo azioni di supporto che possono, in alcuni casi, risolvere il problema senza giungere a soluzioni estreme: specifici interventi di Coaching e Counseling, che si possono realizzare con il supporto di professionisti esterni.

Metodologie mutuate dalla Psicoterapia cognitivo-comportamentale, risultano efficaci in ambito aziendale: consistono nell’affiancare al manager in difficoltà un coach o un counselor, che sviluppano con lui un progetto di miglioramento per obiettivi.

Scopo finale, aiutare il manager ad acquisire maggiore consapevolezza di sé (punti di forza e criticità); fornire metodologie di approccio ai problemi (capacità decisionale, delega, gestione dei collaboratori e del tempo, ecc.) e strumenti concreti per risolverli; lo accompagna nel percorso di crescita personale e professionale.

Questi interventi hanno generalmente una durata medio-breve, che dipende direttamente dal problema da risolvere e sono molto efficaci. Bisogna però segnalare che in Italia sono ancora poco utilizzati. La funzione delle Risorse Umane ha in questo senso un ruolo estremamente delicato e importante, in quanto può individuare il manager in difficoltà, farsi carico della situazione di disagio e proporre delle soluzioni.

Percorsi formativi

Percorsi formativi di tipo esperienziale aiutano i manager a ricoprire efficacemente il proprio ruolo. Obiettivo, trasferire conoscenze e fornire spunti di riflessione per la propria crescita personale, portando a porsi domande e a trovare dentro di sé le risposte.

Pillola di saggezza

Citando Federico Navarro, la dt.ssa Renault ci ricorda che ognuno dovrebbe cercare di condurre la propria vita seconde le tre U: Umiltà, Umanità, Umorismo. Si è già parlato di umiltà e umanità, per quanto riguarda l’umorismo, si suggerisce ai manager di non prendersi troppo sul serio e affrontare il proprio ruolo con un pizzico di leggerezza in più.