Lavoro nero: libro unico come prova di regolarità

di Noemi Ricci

6 Ottobre 2017 11:00

Lavoro nero: la sentenza della Cassazione che chiarisce quando il libro unico lavoro può scagionare il datore.

Nell’ambito di un contenzioso per lavoro irregolare è assolutamente legittimo l’utilizzo da parte del datore di lavoro del Libro Unico del Lavoro come prova a propria discolpa. Lo ha affermato la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 20861/2017 nella quale si è pronunciata in merito all’utilità probatoria del Libro Unico del Lavoro in caso di contenzioso per ricorso al lavoro in nero.

I giudici della Cassazione hanno ribaltato il giudizio di secondo grado, in cui si affermava che il Libro Unico del Lavoro non potesse essere portato come prova in quanto prodotto da una delle parti in causa del procedimento.

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La Cassazione ricorda che:

«I libri contabili che il datore di lavoro privato è obbligato a tenere, cioè il libro matricola e il libro paga, previsti dagli artt. 20 e 21 del d.P.R. n. 1124 del 1965 (sostituiti dal libro unico del lavoro ai sensi dell’art. 39 del d.l. n. 112 del 2008, conv. in legge n. 133 del 2008), essendo formati dallo stesso datore di lavoro, possono fare prova a suo favore soltanto se tenuti in modo regolare e completo, ferma comunque la facoltà della controparte di contestarne le risultanze con mezzi contrari di difesa o, semplicemente, con specifiche deduzioni e argomentazioni volte a dimostrarne l’inesattezza, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice» (Sez. L, Sentenza n. 6501 del 26/04/2012, Rv. 622310 – 01).

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