La storia si ripete. Sembra naturalizzarsi il fenomeno della perdita o smarrimento di dati aziendali, anche se non sempre atttribuibile ad inadempienze dei sistemi interni.
Nonostante la crescente attenzione, anche normativa, nei confronti della protezione delle informazioni sensibili e nonostante l’incremento di vendite di sistemi di memorizzazione sicuri, molti grandi vendor segnalano problemi di furto o smarrimento dati.
Le argomentazioni su privacy e gestione delle identità questa volta scaturiscono a margine dello scandalo T-Mobile, costola del colosso tedesco Deutsche Telekom, che ha ammesso di aver smarrito nel 2006 informazioni riservate di circa 17 milioni di clienti, ovviamente sia consumer che business.
I dati andati in fumo, o meglio nelle mani sbagliate, sono quelli che più frequentemente le aziende tendono a perdere: nominativi, numeri telefonici, indirizzi postali e di posta elettronica, dati anagrafici, ecc.
A questi potrebbero aggiungersi informazioni bancarie e dati sui contenuti delle chiamate: il rischio c’è anche se attualmente T-Mobile smentisce, nonostante tale ipotesi sia ventilata d varie fonti.
Chiaramente le maggiori autorità del settore, insieme alle rappresentanze istituzionali, chiedono a gran voce una maggiore attenzione da parte delle aziende che gestiscono dati personali e nei confronti di quelle che invece li “affidano a terzi”. Le conseguenze peggiori? Chiaramente i possibili danni economici e di brand che potrebbero essere generati da questo e da analoghi smarrimenti.