


La Commissione Europea ha avviato una procedura d’infrazione contro l’Italia, contestando l’uso discriminatorio dei contratti a termine per gli insegnanti arruolati della scuola pubblica. Secondo Bruxelles, la legislazione italiana non è allineata alla direttiva europea sul lavoro a tempo determinato, causando disparità nella progressione salariale tra docenti precari e di ruolo.
Si tratta di un ennesimo richiamo all’Italia sulla necessità di affrontare in modo deciso il problema del precariato nel settore scolastico e delle conseguenze che comporta sul piano retributivo e previdenziale, anche ai fini pensionistici.
Procedura d’infrazione UE contro l’Italia
In Italia, gli insegnanti a tempo determinato non beneficiano di una progressione salariale basata sull’anzianità di servizio, a differenza dei colleghi a tempo indeterminato. Questa pratica è ritenuta discriminatoria dalla Commissione Europea, in violazione della direttiva 1999/70/CE, che mira a prevenire abusi derivanti dall’utilizzo di contratti a termine successivi.
Peraltro, non è la prima volta che l’Unione Europea interviene sulla questione del precariato scolastico in Italia. Già nell’ottobre 2024 la Commissione UE aveva deferito l’Italia alla Corte di Giustizia per l’uso abusivo di contratti a termine nel settore dell’istruzione, evidenziando la necessità di misure efficaci per prevenire tali abusi e garantire condizioni di lavoro eque per tutti gli insegnanti.
L’Italia ha ora due mesi per rispondere alla lettera di costituzione in mora e adottare misure correttive. In assenza di interventi adeguati, la Commissione Europea potrà emettere un parere motivato e, successivamente, deferire il caso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con il rischio di sanzioni economiche per il Paese.
Il precariato scolastico in Italia
La Gilda degli Insegnanti ha espresso preoccupazione per la situazione, sottolineando come la piaga del precariato sia una questione tipicamente italiana. Il coordinatore nazionale, Vito Carlo Castellana, ha dichiarato:
Gli insegnanti italiani, che siano di ruolo o non di ruolo, svolgono allo stesso modo le loro funzioni; non possono esistere docenti di serie A e di serie B. Una prassi che crea discriminazioni e alimenta forti disparità.
Di fatto, il sistema scolastico italiano è caratterizzato da un elevato numero di docenti precari. Secondo dati del Ministero dell’Istruzione, nel 2024 si contavano circa 160.000 insegnanti a tempo determinato, mentre i sindacati stimano questa cifra intorno ai 250.000.
L’età media di ingresso in ruolo è di 45 anni, la più alta in Europa, evidenziando un problema strutturale nel reclutamento e nella stabilizzazione del personale docente.