Outsourcing estero e delocalizzazione internazionale (offshoring) non sono più di moda negli Stati Uniti. Soprattutto le piccole e medie imprese sembrano orientate a tornare sui loro passi per riportare l’attività produttiva sul territorio nazionale.
L’inversione di tendenza ha come testimone Dana Olson, presidente e CEO di Ecodev, che dalle colonne della rivista Forbes dichiara la fine dell’era dell’outsourcing.
Tre sono i fattori che concorrono a determinare questo nuovo indirizzo: l’aumento dei costi di spedizione e trasporto, i problemi connessi al controllo di qualità, la maggiore disponibilità di lavoratori qualificati a buon mercato all’interno dei confini nazionali.
Relativamente al primo aspetto, prese da sole le spese esorbitanti inerenti il trasporto possono rendere proibitive le operazioni di spostamento dei processi aziendali all’estero, specialmente nel caso di compresenza di alti volumi di produzione e prezzi bassi.
Per quanto concerne le problematiche relative alla qualità, molto spesso si incorre in grandi inconvenienti negli Stati che non dispongono di standard e norme coerenti con quelle del paese di origine di outsourcee e delocalizzatore. Inoltre, si riscontra una questione legata all’affidabilità che consiste nell’ottenere prodotti e merci nel tempo stabilito. In Cina, per esempio, i ricorrenti black-out nella fornitura di energia elettrica influenzano la regolarità della produzione con conseguenti ricadute negative sui tempi di consegna.
Riguardo al terzo punto, l’esigenza di salvaguardia dei livelli occupazionali nel proprio paese rappresenta una molla importante per cambiare le decisioni del management.
«America needs jobs», afferma Ken Ames, CEO di Seesmart, società californiana produttrice di componenti LED.
In effetti, un numero crescente di PMI statunitensi, valutata anche l’incidenza della manodopera sull’intera gamma dei costi, sta ripensando la strategia aziendale in modo da mantenere ed incrementare posti di lavoro locali e ridare linfa all’economia interna. Di pari passo, i dirigenti delle imprese devono fare i conti con un diverso atteggiamento dei consumatori più favorevoli ai beni con etichetta “made in Usa” e meno propensi ad acquistare merci estere.