Vino e mercato. I direttori marketing: qualità e lungimiranza

di Barbara Weisz

14 Luglio 2009 12:30

In tempi di crisi bisogna puntare sul livello del prodotto e non essere precipitosi, il settore del vino si basa su strategie di medio-lungo periodo. Un'indagine di Vinitaly fra i direttori marketing

Mantenere i nervi saldi, puntare sulla qualità, non abbassare i prezzi, investire. Si potrebbe riassumere così la ricetta anti crisi delle cantine italiane che emerge da un’indagine di Vinitaly fra i direttori marketing delle maggiori aziende enologiche del paese.

La crisi c’è, inutile negarlo, ma non bisogna lasciarsi prendere dal panico, anzi è il momento di evitare isterismi e non essere precipitosi, tenendo presente che il settore del vino si basa su strategie che hanno effetto nel medio-lungo periodo. Quindi, ragionare su un orizzonte temporale di ampia portata. Soprattutto, e su questo sono tutti d’accordo, non bisogna ribassare i prezzi. La sfida, dicono i manager interpellati, si vince impegnandosi più e meglio degli altri per ottenere migliori prodotti e adottando corrette strategie di mercato. Per esempio, mirando ai diversi segmenti con categorie e strategie di offerta differenziate.

Questa crisi, spiegano i responsabili del marketing, può essere vista come un’opportunità: l’azienda deve cogliere l’occasione per un’analisi interna, valutare le proprie strategie produttive, commerciali e distributive, ed eventualmente ridefinirle, con calma e strategie di lunga visione. Per chi può, è il momento di investire. I dirigenti testimoniano che molte importanti cantine nel 2009 hanno assunto o assumeranno nuovo personale e acquisteranno terreni e aziende. Unanime anche il parere circa la promozione: non tagliare sulla comunicazione e sugli eventi per farsi conoscere, ma selezionare i canali e gli strumenti migliori. Fondamentale mantenere i clienti con politiche di “customer satisfaction”: il rischio più grande è quello di perdere quote di mercato, difficili da recuperare.

Tutto questo, senza perdere di vista il punto fondamentale: mantenere alto il livello dei prodotti. La qualità è l’arma più potente del vino italiano sui mercati internazionali. Che, fra l’altro, offrono molte opportunità. Nel 2008 l’export di vino nel mondo ha raggiunto quota 3,6 miliardi di euro, +2% in valore, e secondo il Centro Studi di Veronafiere la tendenza non si è conclusa. I mercati, soprattutto quelli consolidati, non sono saturi e ci sono possibilità di crescita.

Una breve panoramica internazionale: gli Stati Uniti nel 2012 saranno la prima piazza vinicola mondiale e l’Italia è al primo posto fra le scelte di bottiglie straniere al ristorante. India e Singapore sono due piazze emergenti che insieme possono coprire gran parte dell’Asia meridionale. La Russia nell’ultimo decennio ha registrato una crescita del 70% di consumi di vino. La Svezia consuma 31 litri di vino a testa l’anno e dipende interamente dall’estero. In Cina il mercato potenziale si aggira tra il 5 e il 10% della popolazione, dai 60 ai 130 milioni di consumatori, mentre per il Giappone si prevede un incremento dei consumi del 7% in due anni.

In questo paese succede un fatto curioso, l’incredibile successo di un fumetto sul vino che si chiama “Kami no Shizuku”. Il protagonista deve attraversare il mondo per trovare “I 12 apostoli”, una collezione di vini descritti dal padre nel testamento. L’effetto di questo manga è tale che basta una citazione per vendere migliaia di bottiglie e gli importatori organizzano le consegne di alcuni vini basandosi sulle apparizioni nel fumetto, che in alcuni casi hanno fatto triplicare i volumi di vendita.