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Meno prestiti bancari: PMI a rischio usura

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 26 Agosto 2014
Aggiornato 2 Settembre 2014 09:49

I risultati dell'analisi della Cgia Mestre sul rischio di usura in Italia, in aumento soprattutto al Sud.

Con il perdurare della crisi economica e la sempre minore propensione delle banche a concedere credito a imprese e famiglie, per queste aumenta il rischio usura. Il pericolo maggiore ancora una volta si presenta al Sud (Campania, Calabria, Abruzzo, Puglia e Sicilia) dove la disoccupazione sta raggiungendo livelli sempre più preoccupanti.

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Indice rischio di usura

Accesso al credito

A lanciare l’allarme è stato il segretario della CGIA, Giuseppe Bortolussi:

«A seguito della forte contrazione dei prestiti praticata dalle banche alle famiglie e alle imprese, c’è il pericolo che l’usura, soprattutto nel Mezzogiorno, assuma dimensioni preoccupanti».

Le preoccupazioni sono sostenute dai numeri: tra la fine del 2011 e quella del 2013 si è verificata una diminuzione degli impieghi bancari alle famiglie e alle imprese di 97,2 miliardi (-9,6 miliardi pari al – 1,9% per le famiglie e 87,6 miliardi di euro pari al -8,8% per le imprese). Bortolussi spiega che

«Oltre agli effetti della crisi economica e al calo della domanda di credito questa forte riduzione dell’erogato è stata dovuta anche al deciso aumento delle sofferenze bancarie che a giugno di quest’anno ha toccato la cifra record di 168 miliardi di euro».

Indice rischio di usura

Livelli di usura

Nel 2013 in Campania, Calabria, Abruzzo, Puglia e Sicilia il fenomeno dell’usura ha raggiunto livelli di penetrazione drammatici. In considerazione di ciò e analizzando altri fattori quali la disoccupazione, i fallimenti, i protesti, i tassi di interesse applicati, le denunce di estorsione e di usura, il numero di sportelli bancari e il rapporto tra sofferenze ed impieghi registrati negli istituti di credito è stato elaborato l’indice del rischio usura secondo il quale è nelle regioni del Mezzogiorno che il fenomeno dell’usura rischia di crescere maggiormente nel prossimo futuro.

«Con le sole denunce effettuate all’Autorità giudiziaria – conclude Bortolussi – non è possibile dimensionare il fenomeno dell’usura: le segnalazioni, purtroppo, sono ancora molto poche. Per questo abbiamo incrociato i risultati di ben 8 sottoindicatori per cercare di misurare con maggiore fedeltà questa emergenza. Ciò che pochi sanno sono le motivazioni per le quali molte persone cadono tra le braccia degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi, sono soprattutto le scadenze fiscali a spingere molti piccoli imprenditori nella morsa degli usurai. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie, brutti infortuni o a seguito di appuntamenti familiari importanti, come un matrimonio o un battesimo».

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In media l’indicatore statistico del rischio di usura in Italia è pari a 100, ma la situazione peggiora nelle regioni dove la disoccupazione è più marcata, i tassi di interesse più alti, le sofferenze sono maggiori, gli sportelli bancari pochi e i protesti sono numerosi:

  • in Campania l’indice del rischio usura è pari a 164,3 (+64,3% rispetto alla media italiana);
  • in Calabria a 146,6 (+46,6%);
  • in Abruzzo a 144,6 (+44,6%);
  • in Puglia a 139,4 (+39,4%);
  • in Sicilia a 136,2 (+36,2%).

Le regioni più “virtuose” sono:

  • il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 51,8 (-48,2% rispetto alla media nazionale);
  • il Friuli Venezia Giulia con 72,2 punti;
  • il Veneto con 73,1 punti.