Fallimenti aziendali, trend inarrestabile: picco nel 2012

di Francesca Vinciarelli

8 Maggio 2012 15:20

Procedure fallimentari in drammatico aumento dal 2008 ad oggi: oltre 3mila fallimenti in Italia solo nel primo trimestre 2012 (+4,2%): i dati dell'Osservatorio Cerverd sui settori e le aree territoriali più colpite.

Periodo nero per le imprese italiane: nei primi tre mesi del 2012 sono state oltre 3mila le procedure fallimentari avviate, +4,2% rispetto a gennaio-marzo dello scorso anno.  La notizia peggiore è che i fallimenti continuano ad essere in aumento, con un trend inarrestabile che dura da ben quattro anni: dall’aprile del 2008, per 16 trimestri consecutivi, l’Osservatorio Cerved – specializzata nell’analisi dei dati d’impresa e nella valutazione del rischio di credito.

I dati destagionalizzati, che tengono conto dei fenomeni di stagionalità,  rivelano un andamento positivo – con un calo delle procedure fallimentari pari al -1,1% – ma rimangono su livelli ben più alti di quelli registrati prima dell’inizio della crisi economica globale.

Fallimenti per settore

Tra le imprese più penalizzate dalla crisi economica, ancora una volta ci sono quelle dell’Edilizia. L’andamento prosegue similmente a quanto osservato nel 2011, con un ritmo di fallimenti che raggiunge nel 2012 il +8,4% nei primi tre mesi dell’anno.

Nel Terziario la crisi colpisce il 4,1% delle imprese in più rispetto allo scorso anno.

Note positive invece per l’Industria, dove si registra un calo del -7,2% delle imprese in fallimento, pur rimanendo il settore con il più alto “insolvency ratio”, ovvero il numero di default ogni 10mila imprese: 9,8 punti contro una media del 5,5.

Fallimenti sul territorio

Anche a livello territoriale l’andamento sembra rispecchiare quello già evidenziato nel corso del 2011 con un aumento piuttosto diffuso dei fallimenti in Italia, capeggiati dal Centro con un +12,7%. Una crescita ben superiore a quella del Mezzogiorno e nelle Isole (+6,5%) e del Nord Ovest (+4,9%).

Migliora la situazione invece nel Nord Est, dove i fallimenti sono scesi del -8,8%, soprattutto per effetto del miglior andamento del Veneto (-12,3%), regione tra le più colpite dal fenomeno dei suicidi degli imprenditori subissati dai debiti, e in Emilia Romagna (-12,2%).

L’aumento dei fallimenti è invece particolarmente intenso nel Centro Italia (+12,7%), maggiore rispetto alla media di Mezzogiorno e Isole (+6,5%) e Nord Ovest (+4,9%).

Fallimenti per tipologia d’impresa

A chiudere i battenti più spesso sono le società di capitale, tre imprese che falliscono su quattro infatti hanno questa forma giuridica. La causa spesso risiede nella difficoltà di depositare un bilancio valido tre anni prima della procedura (+13,2%).

In aumento del 9,9% poi i default tra le piccole imprese con un attivo compreso tra 2 e10 milioni di euro. In difficoltà anche le microimprese con un attivo inferiore a 2 milioni di euro, i cui fallimenti crescono anche se con un ritmo meno serrato: +2,5%. Le medie imprese, con un attivo compreso tra 10 e 50 milioni di euro, chiudono il 5,6% in più rispetto allo scorso anno.

Disciplina fallimentare

Le difficoltà delle imprese, spiega il Cerved, «sono ulteriormente inasprite dai lunghi tempi dei tribunali: il 17,3% dei fallimenti chiusi nel 2011 fa riferimento a aziende che hanno portato i libri in tribunale prima del 1996 e il 36,4% a imprese che lo avevano fatto precedentemente al 2001».

«La riforma della disciplina fallimentare doveva ridurre il carico di lavoro dei tribunali, escludendo le microimprese dall’ambito di applicazione della legge. L’ondata di nuovi fallimenti aperti a seguito della crisi ne ha però neutralizzato gli effetti: in media, i creditori devono aspettare per la ripartizione dell’attivo circa nove anni dalla dichiarazione del fallimento», ha ulteriormente precisato Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato di Cerved Group.