Carburanti: le accise restano ma il Governo estende i buoni benzina a tutto il 2023

di Alessandra Gualtieri

Pubblicato 13 Gennaio 2023
Aggiornato 10 Aprile 2024 07:16

Decreto carburanti di nuovo in CdM dopo le proteste: se il prezzo del greggio salirà ancora, il Governo userà l'IVA aggiuntiva per sterilizzare l’aumento.

Dopo le pesanti polemiche (con i benzinai sul piede di guerra e l’annuncio di pesanti scioperi) successive all’approvazione del Decreto Trasparenza, che indirettamente ha puntato il dito contro i distributori di benzina per i rincari alla pompa invece che sul mancato rinnovo degli sconti sulle accise, il Governo prova a correggere il tiro, agendo però sempre e solo “a costo zero”.

A due giorni di distanza, un nuovo Consiglio dei Ministri ha approvato alcune modifiche al decreto legge in questione, relativo al monitoraggio del caro carburanti.

In particolare, tra le novità e le modifiche apportate al DL Trasparenza, si segnalano le seguenti:

  • sono stati estesi fino al 31 dicembre 2023 i buoni benzina cedibili dai datori di lavoro privati ai dipendenti, sempre nel limite di euro 200 per lavoratore, esentasse fino a tale soglia (non concorrono alla formazione del reddito da lavoro dipendente);
  • il Governo si impegna, in caso di aumenti del prezzo del greggio e di relativo incremento IVA in un quadrimestre di riferimento, a destinare il maggiore introito incassato come imposta dallo Stato al finanziamento di riduzioni del prezzo finale alla pompa.

Nel primo caso, lo ricordiamo, non si tratta di bonus benzina da 200 euro obbligatori ma di fringe benefit che il datore di lavoro è libero di concedere o meno, in aggiunta rispetto alla consueta soglia di benefit non imponibili fiscalmente.

Allo Stato non costa nulla perchè è una libera scelta aziendale, da inquadrarsi in ottica di welfare privato.

Nel secondo caso, invece, non si tratta di applicare di nuovo lo sconto sulle tasse applicate ai carburanti – le famose e intoccabili accise, che contribuiscono pesantemente al prezzo finale alla pompa – ma di un impegno a calmierare le imposte a fronte di un eventuale rincaro del greggio che dovesse produrre nuovi introiti IVA per lo Stato (ossia un ulteriore carico d’imposta caricata sul prezzo finale al consumatore). In pratica, una sorta di sterilizzazione fiscale laddove i prezzi dovessero salire ulteriormente rispetto a oggi, ma solo se questo dovesse succedere a causa di un incremento dei costi della materia prima (il petrolio).