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Fisco iniquo: serve una riforma IRPEF per i ceti medi

di Anna Fabi

8 Ottobre 2020 18:05

Troppo carico fiscale sui redditi sopra i 35mila euro: ecco quanto pagano di tasse gli Italiani e proposte per la riforma fiscale.

Il fisco italiano penalizza i ceti medi, in particolare quelli medio-alti. E, soprattutto, non riesce a stanare gli evasori e a combattere l’elusione.

Sono le principali evidenze che emergono dal consueto rapporto di Itinerari Previdenziali sulla spesa pubblica e sulle entrate, in collaborazione con CIDA ( Confederazione italiana dirigenti e alte professionalità), che confermano un trend evidenziato anche nelle edizioni precedenti.

Il 13,07% dei contribuenti italiani, con redditi sopra i 35mila euro, versa circa il 58,95% di tutta l’IRPEF. Se si considerano anche coloro che hanno un reddito fra i 20mila e i 35mila euro, si arriva l 91% dell’IRPEF totale. Nel dettaglio, i contribuenti delle prime due fasce di reddito (fino a 7mila 500 euro e da 7mila 500 a 15mila euro) sono 18 milioni 156mila 997, il 43,89% del totale, e versano il 2,42% di tutta l’IRPEF (in media, circa 156,7 euro di tasse all’anno).

  • Fra i 15mila e i 20mila euro di reddito lordo dichiarato, ci sono 5,724 milioni di contribuenti, che pagano un’imposta media annua di 1.966 euro e versano il 6,56% di IRPEF totale.
  • Tra i 20mila e i 35mila euro si collocano invece 11 milioni 892mila 615 contribuenti versanti, che pagano una media di 4mila 555 euro l’anno e, complessivamente, il 32,07% delle imposte.

Lo studio riporta anche i dati sul carico fiscale scomponendo ulteriormente le classi di reddito. Il numero dei dichiaranti 2018 (anno a cui si riferisce l’analisi) è pari a a 41 milioni 372mila 851 persone (su 60 milioni 359mila 546 abitanti): il rapporto dichiaranti/abitanti è pari a 1,459.

«In buona sostanza – spiega Alberto Brambilla, presidente del Centro Studi e Ricerche e curatore dalla ricerca insieme a Paolo Novati – per andare in pari servono almeno due contribuenti che paghino le imposte anche per un altro cittadino, il quale risulta sostanzialmente a loro carico. Verrebbe da dire il ritratto di un Paese povero e non certo appartenente al G7, se non fosse che i dati sul possesso di beni e consumi spingano a fare ben altre ipotesi, tra cui quella di un’evasione e un’elusione fiscale mai contrastata efficacemente in Italia».

Considerando i costi del welfare, risultano le seguenti evidenze: «per garantire i servizi sanitari al già citato 58% degli italiani, occorrono 50,325 miliardi che sono a carico soprattutto del 13,08% della popolazione con redditi da 35mila euro in su. Osservazioni identiche si possono fare per assistenza o istruzione: anzi, considerando tutte e tre queste funzioni, la redistribuzione totale è pari a 174,28 miliardi su circa 580 miliardi di entrate, al netto dei contributi sociali; in pratica, viene redistribuito il 71% di tutte le imposte dirette».

«L’analisi sulle dichiarazioni dei redditi di Itinerari Previdenziali non solo fotografa un fisco iniquo, incapace di scovare chi evade ed elude le tasse, e pervicace verso chi dichiara i propri redditi, ma ne denuncia anche i limiti di fondo: l’entità delle entrate non sembra più in grado di sostenere un moderno welfare; l’eccessiva progressività degli scaglioni finisce con il deprimere la voglia di intraprendere», aggiunge Mario Mantovani, presidente di CIDA, commentando i dati sulle entrate fiscali 2018.

Fra le proposte: Brambilla punterebbe sulle «detrazioni buone, che potrebbero favorire l’emersione del grigio e del nero, come ad esempio il contrasto di interessi tra fornitori diretti di beni e servizi e i 25 milioni di famiglie italiane che ne fanno richiesta».

La riforma fiscale in arrivo, segnala Mantovani, «sembra orientata a una maggiore equità nei confronti dei redditi medi, ma dovrà anche garantire equità di trattamento per tutti i redditi da lavoro, riducendo i troppi regimi speciali».