Ipotesi governo M5S-Lega: pensioni, sussidi, tasse, IVA

di Barbara Weisz

Pubblicato 10 Maggio 2018
Aggiornato 12 Giugno 2018 09:48

Punti di contatto e compromessi tra i programmi di Lega e Movimento 5 Stelle, alle prese con il tentativo di formare un nuovo Governo: pensioni, tasse, sussidi, lavoro.

Si riparte dal giorno dopo il voto, con Movimento 5 Stelle e Lega impegnati nella formazione di un’alleanza di Governo. Accordo vicino: i due leader Luigi di Maio e Matteo Salvini fanno sapere che sono stati fatti «significativi passi avanti» su indicazione del premier e programma di Governo. E il Quirinale concede tempo (si ipotizza un incarico tra il 14 e il 15 maggio, ed è già toto-premier). La situazione si è sbloccata nella serata di mercoledì 9 maggio con il passo indietro (o laterale che dir si voglia) di Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, disponibile a una sorta di “astensione benevola” che consenta la formazione dell’esecutivo. Nell’attesa degli ulteriori sviluppi, in rapida evoluzione, vediamo quali sono i punti di comune delle due forze politiche sui temi relativi all’economia e alla previdenza.

Proprio sulle pensioni c’è una delle convergenze più evidenti: nei due programmi spiccano abolizione Legge Fornero (con una connotazione più rigida da parte della Lega e più morbida da parte dei 5Stelle) e nuove opzioni di flessibilità in uscita. Ovviamente, tra la teoria e la pratica di strada ne passa. Bisognerà prima fare i conti con le coperture.

Le due ipotesi più gettonate (con qualche differenza nella modulazione): pensione anticipata con 41 anni di contributi e pensione di anzianità con quota 100 (somma di età anagrafica e anni di contributi versati). Altro punto in comune, la proposta di estensione Opzione Donna, una forma di pensione anticipata riservata alle donne con 35 anni di contributi e 57 o 58 anni di età (rispettivamente, se lavoratrici dipendenti o autonome).

Il programma potrebbe poi vedere un punto di sintesi fra i due cavalli di battaglia in materia di welfare e lavoro: il reddito di cittadinanza dei pentastellati e l’ipotesi leghista di un salario minimo garantito. Sono due strumenti diversi: il primo è un ammortizzatore sociale universale che garantisce un reddito ai disoccupati, il secondo stabilisce una soglia di salario minimo garantito per tutti i contratti.

Il compromesso potrebbe essere una sorta di ammortizzatore sociale, limitato alle famiglie in difficoltà, legato al un programma di inserimento al lavoro: si tratta delle caratteristiche di una misura già esistente, il REI (reddito di inclusione) di cui evidentemente si studierebbe un potenziamento.

Sulle tasse, tutti d’accordo sul no all’aumento IVA attraverso un nuovo congelamento o l’abolizione delle clausole di salvaguardia che prevedono, in mancanza di altre coperture di Bilancio, l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto dal 2019.

Per il resto, le proposte elettorali erano molto diverse (la flat tax leghista al 15%, ad esempio, non condivisa da 5Stelle), bisogna vedere come si modula un programma comune. In generale, le due forze politiche sono d’accordo sulle semplificazioni fiscali, sia per i contribuenti sia per le imprese, e su una politica fiscale più favorevole al ceto medio, al lavoro autonomo, alle imprese.