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Unioni civili e convivenze di fatto: regole su pensioni e lavoro

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 12 Maggio 2016
Aggiornato 14 Luglio 2017 10:09

Unioni civili e convivenze di fatto nell'ordinamento italiano: effetti in materia di lavoro e pensioni con l'equiparazione della figura del compagno a quella del coniuge.

Con il via libera alle unioni civili cambiano le regole in ambito giuslavoristico e previdenziale. La nuova Legge Cirinnà comporta l’estensione dei diritti ereditari nonché quelli in materia di pensione (indiretta, di reversibilità, indennità di morte…) fino ad oggi riconosciuti ai soli coniugi (uniti in matrimonio), prevedendoli per tutte le coppie di fatto, anche dello stesso sesso, unite da vincolo civile.

=> Pensione di reversibilità: limiti di reddito 2016

Il provvedimento (articolo unico da 69 commi) introduce infatti nell’ordinamento italiano la regolamentazione delle unioni civili nonché la disciplina delle convivenze. La Legge Cirinnà (“Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”), dunque, riguarda in generale tutte le coppie di fatto a prescindere dal genere: sia omosessuali sia eterosessuali.

In particolare, l’equiparazione delle due figure del compagno e del coniuge, con relativi diritti e doveri, regolamenta in termini legali, fiscali e previdenziali tutta una serie di casistiche fino ad oggi rimaste in un limbo normativo.

Pensiamo ad esempio alle detrazioni fiscali per coniuge a carico, all’assegno familiare e alle prestazioni assistenziali o previdenziali connesse al reddito. Ma anche ai diritti assistenziali e decisionali in caso di malattia, ricovero e morte.

Per quanto riguarda la pensione di reversibilità, per esempio, al coniuge o al compagno con cui si è stipulata l’unione civile, spetta il 60% della pensione del defunto, salvo riduzioni legate al possesso dei redditi. Al pari del coniuge, inoltre al compagno civile spetteranno, in caso di morte dell’altra parte, l’indennità dovuta dal datore di lavoro ai sensi dell’articolo 2118 del codice civile e quella relativa al Trattamento di Fine Rapporto (TFR) di cui all’articolo 2120 del codice civile.

Per ottenere questi e tutti gli altri diritti legati all’equiparazione del compagno al coniuge, basterà una semplice dichiarazione all’Anagrafe, ma il legame potrà ulteriormente essere rafforzato con il contratto di convivenza, volto a regolare i rapporti di natura patrimoniale tra i membri della coppia.

Unione civile

Possono legarsi con una unione civile due persone maggiorenni dello stesso sesso (non imparentate tra loro), di fronte a un ufficiale dello stato civile e alla presenza di due testimoni. Restano esclusi da tale diritto: persone già sposate o che hanno contratto altra unione civile; chi è interdetto per infermità di mente; chi è stato condannato per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia coniugato o unito civilmente con l’altro partner. L’unione civile è certificata da un attestato, che riporta: la sua costituzione, i dati anagrafici dei partner, il regime patrimoniale, la residenza, dati anagrafici e residenza dei testimoni.

Tra i doveri morali previsti per i partner così uniti, segnaliamo: assistenza materiale, coabitazione e residenza comune, contributo ai bisogni comuni in relazione alle proprie sostanze e capacità di lavoro. Il regime patrimoniale, salvo diversa convenzione, è la comunione dei beni. I partner acquistano i diritti successori e sulla pensione di reversibilità e, se l’unione civile finisce, l’assegno di mantenimento per il partner economicamente più debole (alimenti).

Per lo scioglimento dell’unione è sufficiente inviare una comunicazione preventiva, anche separata: la domanda vera e propria si potrà sottoporre dopo tre mesi. Attenzione: l’unione civile si scioglie se uno dei partner cambia sesso, mentre se la rettifica anagrafica di sesso avviene nell’ambito di una coppia sposata, in automatico il loro matrimonio diventa un’unione civile.

Convivenze di fatto

Riservata a persone maggiorenni, omosessuali o eterosessuali, unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. Per l’accertamento della stabile convivenza si fa riferimento al DPR 30 maggio 1989 n.223. Diritti spettanti:

  • gli stessi del coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario ed in caso di malattia o ricovero (visita, assistenza, accesso alle informazioni personali);
  • possibilità di designare il partner come rappresentante per le decisioni su salute, donazione organi e modalità funerarie;
  • diritto del superstite a vivere nella casa di residenza (del defunto), per un periodo variabile in base alla durata della convivenza o della presenza di figli minori o disabili o diritto a subentrare nel contratto di locazione della casa comune di residenza;
  • rilevanza della convivenza per l’assegnazione di alloggi popolari;
  • estensione al convivente della disciplina sull’impresa familiare;
  • diritto ad essere nominato tutore, curatore o amministratore di sostegno in caso di interdizione o inabilitazione ai sensi delle norme vigenti;
  • possibilità di sottoscrivere un contratto di convivenza per disciplinare i rapporti patrimoniali.

In caso di cessazione della convivenza di fatto, il giudice potrà accertare il diritto agli alimenti per il convivente non in grado di mantenersi, per un periodo proporzionale alla durata della convivenza.