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Riforma del Lavoro: guida alla normativa aggiornata

di Nicola Santangelo

Pubblicato 1 Ottobre 2012
Aggiornato 24 Giugno 2013 12:14

Analisi delle novità introdotte dalla Riforma del Lavoro Fornero per adeguarsi alle direttive della UE, promuovendo il contratto a tempo indeterminato per tutelare l'occupazione stabile di giovani e precari e introducendo nuovi ammortizzatori sociali.

Con la riforma del Lavoro si è voluto rivedere un sistema ormai desueto e criticato da tutti, Unione Europea in primis. In questo modo il ministro Elsa Fornero è intervenuta ponendo al centro della propria dottrina il lavoro a tempo indeterminato come contratto prevalente nonché i giovani e i precari come soggetti da tutelare.

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Pensionamenti

Affinché si potesse dare avvio al rinnovamento si è dovuto intervenire anche sulla fase di uscita dal mondo del lavoro, tuttavia la Riforma delle Pensioni, concepita in maniera frettolosa, ha comportato un repentino blocco delle pensioni e ha ha fornito risultati abbastanza deludenti, dando origine ad una categoria di soggetti, cosiddetti esodati, che, pur avendo maturato i requisiti per la pensione, non ne hanno diritto.

Per i dettagli, consulta lo Speciale Esodati

Apprendistato

Mentre il Governo emanava le prime riforme strutturali, nel frattempo in Italia la disoccupazione continuava a crescere. Nel mese di maggio si è arrivati a registrare un tasso di disoccupazione del 10,1% con punte del 32,5% nella popolazione tra i 15 e i 24 anni. Bisognava far presto, le pressioni dell’Unione Europea non possono essere sottovalutate. Si è imposto, così, l’apprendistato come modalità prevalente di ingresso dei giovani nel mondo del lavoro.

I contratti dovranno durare almeno 6 mesi con un limite di un apprendista per ogni lavoratore specializzato e qualificato in aziende con meno di 10 lavoratori e una soglia che sale, nelle aziende più grandi, a un rapporto di 3 apprendisti al massimo per ogni 2 lavoratori specializzati.

Al termine del periodo di apprendistato, in mancanza di disdetta da parte di una delle parti, il contratto diventa automaticamente a tempo indeterminato. Il datore di lavoro, tuttavia, dovrà dare al lavoratore un periodo di preavviso in caso di mancata prosecuzione del rapporto di lavoro al termine del periodo di formazione.

Le aziende con più di dieci dipendenti potranno assumere nuovi apprendisti soltanto se nei 36 mesi precedenti hanno trasformato in assunzioni a tempo indeterminato almeno il 30% degli apprendisti già in forza all’impresa (con l’eccezione dei rapporti interrotti alla scadenza del periodo di prova e dei licenziamenti per giusta causa). Tale soglia salirà al 50% a partire dal 2015.

E’ impossibile recedere dal contratto di apprendistato prima della scadenza a meno di giusta causa o giustificato motivo.

Consulta i chiarimenti sulla nuova disciplina

Contratti a tempo determinato

Al fine di scoraggiare la stipula dei contratti a tempo determinato è prevista la durata massima di un anno nonché un incremento dell’1,4% dell’onere contributivo a carico del datore di lavoro.
Sei mensilità di questo contributo saranno poi restituite nel caso in cui il contratto si trasformi a tempo indeterminato.

Si potrà stipulare un contratto a termine senza causale, ma dovrà essere il primo contratto stipulato tra le due parti.

Tra un contratto a tempo determinato e l’altro in successione devono decorrere almeno 60 giorni se di durata inferiore a sei mesi ovvero 90 giorni se superiore.

Non sarà possibile per un’azienda proporre ad un lavoratore contratti a tempo determinato per una durata superiore ai tre anni.

Leggi come è cambiato il contratto a tempo determinato dopo la Riforma

Contratti a progetto

Limitato anche l’utilizzo dei contratti a progetto poiché è imposto che il progetto sia funzionalmente collegato ad un risultato finale e che non possa limitarsi a compiti esecutivi o ripetitivi.

La mancanza di uno specifico progetto determina la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato.

Consulta i nuovi contratti dei Co.co.co. dopo la Riforma ed il Dl Sviluppo

E’ previsto, inoltre, un compenso minimo proporzionato a quello vigente nel settore dell’attività.

Ammortizzatori sociali

Con la Riforma del lavoro Forenro in Italia debutta l’Aspi (<< leggi tutto), l’Assicurazione sociale per l’impiego, che sostituirà i trattamenti di disoccupazione e mobilità coprendo tutti i lavoratori del pubblico e del privato con contratto non a tempo indeterminato.

Guida ai nuovi ammortizzatori sociali dopo la Riforma Fornero

Aspi

Si tratta, in pratica, di una prestazione previdenziale che coprirà gli eventi di disoccupazione successivi al primo gennaio del 2013 e riguarderà tutti i lavoratori sia pubblici che privati.

Viene applicata ai dipendenti che hanno perso involontariamente il lavoro e possono far valere almeno due anni di assicurazione e almeno uno di contribuzione nel biennio precedente l’inizio della disoccupazione. Sono dunque esclusi i lavoratori che hanno presentato le dimissioni o che hanno risolto consensualmente il rapporto.

Riforma Lavoro Fornero: Aspi in vigore dal 2013

Il trattamento economico erogato dall’Aspi è sospeso nei casi in cui si abbia un nuovo rapporto di lavoro di durata inferiore a sei mesi. Per rapporti di lavoro oltre i sei mesi, in caso di nuova disoccupazione, si ricalcolano le indennità da zero con i nuovi requisiti.

La nuova Aspi coprirà anche gli apprendisti nei casi di eventi di disoccupazione successivi al primo gennaio 2013.

Rimangono fuori i collaboratori coordinati e continuativi ai quali spetta un’indennità una tantum e i lavoratori agricoli ai quali spetta l’indennità di disoccupazione agricola.

Il diritto all’Aspi decade nel momento in cui si raggiungono i requisiti della pensione di vecchiaia. Nel caso di pensione di invalidità si potrà decidere fra i due trattamenti.

La durata sarà di dodici mesi per lavoratori con meno di 55 anni ovvero diciotto mesi per gli over 55.

Per il calcolo dell’indennità Aspi occorre far riferimento ai seguenti parametri: se l’imponibile medio degli ultimi due anni è inferiore a 1.180 euro è previsto il 75% della retribuzione; in caso contrario sarà pari al 75% della retribuzione più il 25% della differenza con i 1.180 euro.

In ogni caso l’importo erogato non potrà superare i 1.119,32 euro al mese. L’importo così calcolato sarà valido solo per i primi sei mesi. L’erogazione del secondo semestre prevede un abbattimento del 15%. La riduzione di un ulteriore 15% sarà applicata nel terzo semestre.