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Anagrafe Tributaria, flop del Fisco

di Barbara Weisz

Pubblicato 21 Settembre 2017
Aggiornato 9 Aprile 2018 10:14

Inadempienze dell'Agenzia delle Entrate sul fronte Anagrafe Tributaria per la lotta all'evasione: liste selettive contribuenti e analisi del rischio mai partiti.

L’Anagrafe Tributaria, il super-cervellone del Fisco che raccoglie i «dati, identificativi e contabili, di tutti i soggetti titolari di rapporti di conto corrente o di deposito» è costata fino ad oggi 10 milioni di euro. Peccato che l’Agenzia delle Entrate non la utilizzi ai fini della prefissata «attività di controllo in ambito fiscale». Chi lo dice? La Corte dei Conti. La magistratura contabile ha effettuato specifica indagine sull’utilizzo dell’anagrafe dei rapporti finanziari arrivando alle seguenti conclusioni: gravi ritardi nell’attuazione e soprattutto, anche dopo che l’archivio è stato completato, la «ben più grave» evidenza che l’amministrazione finanziaria non vi fa ricorso per la lotta all’evasione.

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Per la precisione, rileva una:

«grave inadempienza dell’Agenzia che non ha mai elaborato le previste liste selettive e le analisi del rischio evasione né, ovviamente, ha potuto riferire alle Camere sui risultati nella lotta all’evasione derivanti dall’utilizzo dell’Anagrafe dei rapporti finanziari. E’ stato quindi, ad oggi,  inattuato il chiaro disposto normativo».

Non sono dunque mai state elaborate con procedure centralizzate specifiche liste selettive di contribuenti a maggior rischio evasione, malgrado questo adempimento fosse specificamente previsto dalla legge (articolo 11, comma 4, decreto legge 201/2011). Ma soprattutto, non ne sono stati previsti i criteri con apposito provvedimento (anche questo, previsto dalla norma e inattuato). Non solo:

«l’approccio dell’Agenzia all’elaborazione di tali liste è apparso in palese contraddizione con la ratio della norma che, nel prevederle, aveva contestualmente esteso le comunicazioni obbligatorie degli operatori finanziari ai dati relativi alle movimentazioni e agli importi delle operazioni, addirittura prevedendo la facoltà, in capo al direttore dell’Agenzia, di estendere l’obbligo di comunicazione anche ad ulteriori informazioni, relative ai rapporti, strettamente necessarie ai fini dei controlli fiscali.

Impostare, quindi, le elaborazioni, come è emerso dai primi timidi tentativi dell’Agenzia di realizzare il disposto normativo, sulla base dei soli dati di identificazione del soggetto e sulla natura, tipologia, apertura, modifica e chiusura del rapporto, con esclusione quindi  dei dati, certamente più pregnanti ai fini della lotta all’evasione, sulle movimentazioni e sui saldi dei rapporti finanziari, significava sostanzialmente svuotare di contenuto la previsione normativa e realizzare un prodotto di scarsa efficacia ai fini della lotta all’evasione».

Fra l’altro, «pare del tutto irrazionale e non coerente con lo spirito della norma limitare, come indicato nella bozza di provvedimento, i criteri generali per l’elaborazione delle liste a coefficienti legati unicamente alla quantità e tipo dei rapporti finanziari, prescindendo dai dati  contabili relativi ai saldi e alle movimentazioni. In ogni caso, come detto, il provvedimento non è mai stato adottato».

Altra critica: la Legge di Stabilità 2015 aveva previsto l’utilizzo dei dati per effettuare l’analisi del rischio evasione. A distanza di oltre due anni (e di oltre cinque anni dal precedentemente descritto obbligo di elaborare le liste selettive):

«deve registrarsi l’inesistenza di selezioni di  contribuenti attraverso lo strumento dell’Archivio dei rapporti finanziari quali soggetti a maggior rischio di evasione, sicché non v’è dubbio che la norma sia stata totalmente disattesa dall’Agenzia».

Infine, non è mai stata predisposta la relazione annuale alle Camere dell’Agenzia delle Entrate, prevista dalla legge 201/2011 (articolo 11, comma 4-bis) (conseguenza inevitabile della mancata elaborazione delle liste selettive).In estrema sintesi, sul fronte della lotta all’evasione l’Agenzia delle Entrate non ha in alcun modo utilizzato l’importante strumento rappresentato dall’Anagrafe tributaria, non rispettando il dettato normativo.

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Migliori invece i risultati per quanto riguarda altre tipologie di controlli, come la ricerca dei beni da sottoporre a pignoramento, e in materia di semplificazioni e compliance fiscale (ad esempio, per la compilazione della DSU, la dichiarazione sostitutiva unica ai fini ISEE, indicatore della situazione economica equivalente). Ma resta il:

«chiaro sottoutilizzo dello strumento per finalità tributarie e di lotta all’evasione».

Ci sono anche perplessità sull’affidabilità e completezza delle informazioni presenti in Anagrafe tributaria, con particolare riferimento proprio ai soggetti più a rischio evasione.

In conclusione, la Corte dei Conti esprime l’auspicio che, «previa un’azione di intensificazione dei controlli volti a migliorare la qualità e completezza dei dati, l’Agenzia provveda ad utilizzare adeguatamente l’immensa mole di informazioni disponibili, e ad effettuare efficaci analisi del  rischio di evasione, come richiesto da anni dal legislatore, così realizzando la finalità principale per la quale è stata istituita l’Anagrafe dei rapporti finanziari». Non solo: si raccomanda un «pronto ed efficace intervento» anche al ministero dell’Economia che:

«pur titolare dei poteri di indirizzo e vigilanza non è mai intervenuto affinché l’Agenzia provvedesse prima, ad elaborare le liste selettive e, poi, a effettuare analisi del rischio evasione, nonché a riferire al Parlamento, come dovuto per espressa previsione normativa».