Gli annunci di lavoro devono essere chiari, sintetici, contenere le competenze richieste e specificare la posizione proposta: il compito dei responsabili delle risorse umane, tuttavia, non si esaurisce qui.
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Chi crea un annuncio di lavoro deve infatti attenersi ad alcune regole precise volte a evitare qualsiasi intento discriminatorio, limitando l’uso di determinate parole o aggettivi che potrebbero essere fraintesi.
Per quanto riguarda il genere sessuale, ad esempio, è necessario evitare di specificare la ricerca di professionisti o impiegati di sesso maschile o femminile, limitandosi a illustrare la posizione da ricoprire e le caratteristiche del lavoro che si sta offrendo. Le uniche eccezioni sono rappresentate dagli ambiti di lavoro che, per definizione, sono riservati a un pubblico maschile o, viceversa, femminile.
Discorso a parte merita la discriminazione razziale, soprattutto se si parla di impieghi che richiedono conoscenze linguistiche specifiche (la ricerca deve essere aperta a tutti coloro che hanno un’ottima conoscenza di una lingua, piuttosto che limitata a coloro che sono nati in un determinato paese). Capita spesso, tuttavia, che un’azienda abbia la necessità di favorire l’assunzione di personale appartenente a un determinato gruppo etnico proprio perché sottorappresentata.
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Anche le discriminazioni basate sull’età rappresentano un campo minato per i recruiters, soprattutto quando l’annuncio di lavoro si caratterizza per la richiesta di una certa esperienza nel settore e restringe a una specifica fascia di età l’invio delle candidature.
Si tratta di un comportamento che non può essere considerato del tutto illegittimo, sebbene l’art. 10 del Decreto Legislativo 10 settembre 2003 n. 276 imponga ai selezionatori pubblici e privati il divieto di richiedere alcune tipologie di informazioni agli stessi candidati.
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«È fatto divieto alle agenzie per il lavoro e agli altri soggetti pubblici e privati autorizzati o accreditati di effettuare qualsivoglia indagine o comunque trattamento di dati ovvero di preselezione di lavoratori, anche con il loro consenso, in base alle convinzioni personali, alla affiliazione sindacale o politica, al credo religioso, al sesso, all’orientamento sessuale, allo stato matrimoniale o di famiglia o di gravidanza, alla età, all’handicap, alla razza, all’origine etnica, al colore, alla ascendenza, all’origine nazionale, al gruppo linguistico, allo stato di salute nonché ad eventuali controversie con i precedenti datori di lavoro, a meno che non si tratti di caratteristiche che incidono sulle modalità di svolgimento della attività lavorativa o che costituiscono un requisito essenziale e determinante ai fini dello svolgimento dell’attività lavorativa.»