Gender marketing: giusto o sbagliato?

di Chiara Basciano

21 Luglio 2015 12:00

Sviluppare il marketing tenendo conto delle differenze di genere.

È la querelle del momento, le differenze di genere, i vestitini rosa per lei e azzurri per lui, i prodotti al maschile e al femminile, stereotipi e banalità. E la gente si infuria per campagne pubblicitarie tutte sbagliate.

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Ma parlare di gender marketing non è sbagliato. Al di là delle scelte risibili che sono state fatte negli ultimi anni tenere conto delle differenze di genere vuol dire sviluppare un marketing più mirato. Questo non significa banalizzare le identità, ma andare incontro al cliente e farlo sentire a suo agio. D’altronde se anche la filosofa femminista Donna Haraway incoraggia il gender marketing allora c’è da ritenersi nel giusto.

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Secondo gli studi infatti uomini e donne acquistano in maniera diversa. Laddove gli uomini agiscono d’impulso, concentrando le spese tutte in un momento di sfogo, le donne sono più riflessive e fanno acquisti più regolari. Le donne consultano più assiduamente i consigli degli altri utenti, al contrario degli uomini. Tenere conto di queste differenze vuol dire sviluppare un gender marketing intelligente.

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Purtroppo il momento storico però non aiuta e tra seduzione di basso livello e culto della bellezza le campagne danno un’idea sbagliata dell’essere umano in generale, e della donna in particolare, veicolando un’idea a tratti grottesca.