Il Pil alla fine del 2011 è cresciuto dello 0,4%: lo si apprende attraverso le cifre rese note dall’Istat, che mettono in evidenza una brusca frenata della crescita economica del Paese, al di sotto delle stime effettuate dal Governo che puntavano almeno a uno 0,6%. Il calo è ancora più evidente se si confrontano i dati con quelli del 2010, che ha visto il prodotto interno lordo portarsi fino a +1,8%.
Negativi anche i parametri relativi al debito pubblico, che ha subito un incremento portandosi fino al 120,1%, un valore che non si verificava dal 1996. Dando un’occhiata agli altri stati europei si notano sensibili differenze: il Pil si è portato fino al 3,0% in Germania, 1,7% in Francia, 0,9% nel Regno Unito e -0,9% in Grecia. La crisi economica, insomma, ha segnato in modo determinante l’andamento della produzione nazionale, e stando a quanto dichiarato dall’Istat: “L’aumento del Pil si deve interamente alla domanda estera netta che ha contribuito per 1,4 punti percentuali, mentre la domanda nazionale ha dato un contributo negativo per 0,4 punti e le scorte per 0,5“.
Diminuisce in modo netto la domanda interna, che ha avuto conseguenze particolarmente pesanti nel settore dell’agricoltura, mentre è andata meglio per l’industria e il ramo dei servizi, con un aumento del valore aggiunto rispettivamente dell’1,3% e dello 0,8%. Per le imprese agricole, invece, al calo del Pil si aggiungono altri danni alla produzione determinati dal maltempo e dalla riduzione dei prezzi in fase di produzione, stando almeno alle stime rese note dalla Coldiretti.
Per quanto concerne la capacità di acquisto delle famiglie italiane, i dati Istat illustrano le cifre negative che riguardano la spesa alimentare, mentre va leggermente meglio per i consumi relativi ai servizi. Non sono rosei neanche i dati che toccano da vicino le uscite della Pubblica Amministrazione, che mostrano una riduzione dei redditi dei dipendenti sebbene, stando ai parametri generali concernenti tutti i settori lavorativi, gli stessi abbiano subito un leggero incremento pari all’1,8%.