Il contratto a tempo determinato di un dirigente non può trasformarsi in contratto a tempo indeterminato: la stabilizzazione prevista per altre categorie di lavoratori non si applica alle figure dirigenziali, in virtù del particolare carattere fiduciario che caratterizza del rapporto dì lavoro dirigenziale e delle tutele offerte anche dai contratti a termine.
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Lo afferma la Corte di Cassazione con la sentenza n. 22965 depositata il 9 ottobre 2013, con la quale viene negata la richiesta di un dirigente in merito alla conversione del rapporto di lavoro a termine in contratto a tempo indeterminato, oltre al riconoscimento delle differenze di TFR.
La Cassazione ha infatti richiamato l’attenzione sulla sentenza n. 749 del 2006, secondo la quale non è possibile applicare alla categoria dei dirigenti quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 230 del 1962, per cui anche in caso di prosecuzione del rapporto oltre il termine del contratto non può essere messo in pratica il principio della conversione: «Se il rapporto di lavoro continua dopo la scadenza del termine inizialmente fissato o successivamente prorogato, il contratto si considera a tempo indeterminato fin dalla data della prima assunzione del lavoratore. Il contratto si considera egualmente a tempo indeterminato quando il lavoratore venga riassunto a termine entro un periodo di quindici ovvero trenta giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata rispettivamente inferiore o superiore a sei mesi e, in ogni caso, quando si tratti di assunzioni successive a termine intese ad eludere le disposizioni della presente legge.»
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