Packaging ed ecologia: dentro la scatola (del software), sempre di meno

di Giuseppe Goglio

Pubblicato 22 Novembre 2007
Aggiornato 12 Febbraio 2018 19:33

Vorrei tornare ancora una volta (e dopo smetterò di tediarvi per un po’, prometto) sul tema del rapporto tra aziende IT e ambiente.

Uno degli aspetti più seguiti da parte delle imprese informatiche è l’imballaggio dei prodotti. Questione forse non propriamente tecnica, ma più che altro d’immagine: fondamentale per il successo di un prodotto, soprattutto quando si parla di software da scaffale tipo le utility.

Solitamente, il volume di un imballaggio è oggetto di uno studio accurato, in modo da ridurre i costi del trasporto. Non a caso, le scatole dei programmi hanno da sempre la dimensione dei manuali cartacei, l’elemento più grande contenuto.

La cosa curiosa è che col passare degli anni – specie oggi che i manuali cartacei non si usano praticamente più, e la documentazione si trova direttamente sui CD-ROM in formato elettronico – le scatole sono rimaste grandi uguali.

Tra tutti i software dimostrativi che mi arrivano a casa, sempre più spesso capita di aprire confezioni ormai sproporzionate, contenenti nient’altro che un CD-ROM e un semplice foglio, di solito la licenza.

Per il resto, spazio vuoto in abbondanza che, moltiplicato per il numero di pacchetti prodotti, probabilmente contribuisce ad aumentare il numero di mezzi di trasporto impiegati nella distribuzione.

Visto tutto il gran parlare che le aziende fanno a proposito di avere a cuore la questione ambiente, la cosa non mi sembra molto coerente. A meno che, qualcuno non voglia attribuire proprio alla confezione di formato ridotto il successo inferiore alle attese di Vista.

Tra l’altro, dal punto di vista dell’acquirente – e quindi delle aziende – questo numero spropositato di voluminosi (quanto inutili e difficilmente smaltibili) pacchetti è o non è un disagio in più?