L’incidenza dell’utilizzo assiduo del cellulare sull’insorgenza di tumori non è ancora del tutto dimostrata scientificamente, eppure una recente sentenza della Cassazione ha decretato l’obbligo di risarcimento a favore del lavoratore che venga colpito da malattia imputabile all’abuso del telefonino per motivi di lavoro.
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La recente sentenza n. 17438 della Corte Suprema si è pronunciata a favore di un ex manager affetto da neoplasia benigna al nervo trigemino (neurinoma del Ganglio di Gasser) e il cui lavoro, protratto per oltre 10 anni, comportava l‘utilizzo del telefonino per almeno 6 ore al giorno.
Ipotizzando un legame tra i campi elettromagnetici generati dal cellulare e l’insorgenza del tumore – e lamentando ancora dolori continui persistenti anche dopo la rimozione del tumore – l’ex manager aveva aperto un contenzioso con l’INAIL per il riconoscimento di una invalidità professionale, verso la quale si era già pronunciato favorevolmente il Tribunale della Corte di Appello di Brescia. Così l’Istituto è ricorso in terzo grado per confutare l’obbligo al risarcimento.
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La Cassazione ha però ufficializzato il verdetto: esiste una stretta correlazione tra attività lavorativa svolta al cellulare e patologia contratta dal lavoratore, al quale spetta pertanto il risarcimento per invalidità professionale nella misura dell’80%.
Positiva la reazione del Codacons, che ha giudicato la sentenza «importante e innovativa»; una decisione che «apre la strada ai risarcimenti.
Si tratta, infatti, di un verdetto che stabilisce un rapporto diretto tra uso del telefonino e insorgenze dei tumori» anche se, lo ribadiamo, non esistono studi ufficiali che ne danno conferma.