Il governo Monti ha dichiarato guerra contro l’evasione fiscale, ma i dati del rapporto presentato dal Garante per la Privacy al Senato sul volume “Sette anni di protezione dati in Italia” non sono affatto confortanti ed da Francesco Pizzetti giunge il monito sulle nuove misure di contrasto – che, violando la riservatezza dei dati personali degli Italiani, rappresentano strappi troppo forti allo Stato di diritto – e sulle semplificazioni in azienda che “abbassano troppo la guardia”.
1. Controlli fiscali
Il Garante Privacy ha invitato il Governo a non considerare tutti i contribuenti probabili evasori fiscali: trovandosi in uno Stato democratico, «il cittadino ha il diritto di essere rispettato fino a che non violi le leggi, non di essere un sospettato a priori».
Non è possibile continuare con questa «spinta al controllo e all’acquisizione di informazioni sui comportamenti dei cittadini che cresce di giorno in giorno. Un fenomeno che, unito all’amministrazione digitale, a una concezione potenzialmente illimitata dell’open data e all’invocazione della trasparenza declinata come diritto di ogni cittadino di conoscere tutto, può condurre a fenomeni di controllo sociale di dimensioni spaventose».
Misure che possono andare bene in questa fase di emergenza «ma che non può non preoccupare se fosse destinato a durare a lungo in futuro».
2. Sicurezza e Privacy in azienda
Su un versante, il Garante Privacy ha espresso perplessità su molte delle nuove semplificazioni sugli adempimenti delle imprese: ad esempio, le leggi approvate di recente non riservano più a imprese e persone giuridiche un alto livello di protezione: i recenti provvedimenti hanno ridotto il ruolo dei “controllori” rispetto alle attività delle aziende.
Pizzetti ha commentato dicendo che «dispiace che il mondo delle imprese e delle attività produttive non presti l’attenzione che noi vorremmo al fatto che il rispetto della riservatezza dei cittadini e l’adozione di misure di protezione adeguate si trasforma in un valore prezioso per le imprese, perché riduce il rischio di danni legati alla perdita o al furto di dati, e favorisce un rapporto più corretto e più positivo anche tra attività economiche e utenti».
È vero «che le scelte fatte di sottrarre le imprese alla protezione dei dati è in linea con quanto prevalentemente accade in Europa e nel mondo. Pensiamo però che esse, se non accompagnate da un forte sforzo di autoconsapevolezza e di attenzione alla adozione delle necessarie misure di protezione, possono tradursi, specialmente nell’era del Cloud e dell’Agenda digitale, in rischi gravissimi per gli operatori economici».
I numeri della protezione dati in Italia
Il rapporto “Sette anni di protezione dei dati in Italia” rivela i numeri della lotta all’evasione fiscale in Italia:
- 519 provvedimenti collegiali nel 2011;
- oltre 3600 tra quesiti, reclami e segnalazioni all’Authority;
- 257 i ricorsi in materia di banche e società finanziarie, datori di lavoro pubblici e privati, attività di marketing, sistemi di informazioni creditizie, operatori telefonici e telematica;
- 32 pareri resi dall’Authority su tutela della salute, digitalizzazione del processo civile e penale, lavoro e previdenza, formazione, protezione civile e sicurezza stradale, applicazione del Codice dell’amministrazione digitale e informatizzazione della PA;
- 447 ispezioni delle quali 358 hanno portato alla rilevazione di violazioni amministrative;
- 3 milioni il valore delle sanzioni comminate.