Alla fine, l’Italia si porta a casa 209 miliardi di euro, che significa quasi 40 miliardi in più rispetto alla proposta originale della UE: la differenza, però, sta nell’equilibrio fra contributi a fondo perduto e prestiti. I primi scendono a 81,4 miliardi, mentre i secondi salgono a 127 miliardi. Soddisfazione del premier italiano, Giuseppe Conte, che parla di «un momento storico per l’Europa e per l’Italia».
Recovery Fund
Il Recovery Fund europeo, ovvero il maxi piano per la ripresa post Coronavirus, resta a 750 miliardi di euro, come da proposta della Commissione Europe, ma a cambiare è il bilanciamento fra le due componenti fondamentali, ovvero le sovvenzioni e i prestiti. In totale, 390 miliardi di euro di trasferimento diretti e 360 di prestiti.
Rimborso a lunghissimo termine, fra il 2026 e il 2056. Un mutuo ultratrentennale, per dirla in parole semplici.
I cosiddetti paesi frugali, ovvero Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia, contrari a intese troppo espansive, danno l’ok alle dimensioni economiche del Recovery Fund in cambio di una governance che, all’occorrenza, riporti la palla al Consiglio, ovvero ai capi di Stato e di Governo. ma non sarà necessaria l’unanimità per approvare i piani di ripresa.
Sono i termini generali di un’intesa che è arrivata dopo quattro giorni e quattro notti di negoziati. Un accordo che tiene sostanzialmente conto di tutte le posizioni, anche delle più critiche (le dimensioni generali degli aiuti a fondo perduto scendono parecchio, a fronte dell’incremento dei prestiti).
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Per l’Italia, però, il nuovo meccanismo in base al quale vengono ripartite le risorse risulta favorevole, tanto che in totale arrivano più soldi del previsto. Erano 173 i miliardi previsti dalla proposta originaria della Commissione di Bruxelles, mentre l’intesa finale porta la cifra a 209 miliardi. Di fatto, il ribilanciamento fra le due componenti (fondo perduto e prestiti) non è penalizzante, nel senso che la parte delle sovvenzioni scende di poco (circa 3 miliardi, rispetto agli 85,2 mld precedenti), mentre i prestiti salgono parecchio (oltre 35 miliardi, rispetto agli 88,584 miliardi della commissione).
Il motivo per cui lo stanziamento a favore dell’Italia sale è il meccanismo in base al quale vengono ripartiti i fondi, molto ancorato all’andamento dell’economia 2020-2021, quindi ai danni da Coronavirus, che hanno particolarmente colpito il nostro paese.
Altra considerazione, che tutti stanno facendo: la differenza sul totale è pari a 36 miliardi, quella sui prestiti è pari a 38 miliardi. Una cifra molto vicina ai 39 miliardi che l’Italia potrebbe chiedere al MES. E che, a questo punto, potrebbero invece arrivare dal Recovery Fund, che ha meccanismi di condizionalità molto meno stringenti.
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E siamo alla parte dell’accordo che va incontro al fronte del no, ovvero ai paesi del Nord Europa definiti frugali (ovvero, meno propensi alle sovvenzioni). Oltre al ribilanciamento fra le due componenti (sovvenzioni e prestiti), hanno ottenuto una sorta di potere di riesame, che può essere esercitato anche da un solo paese nel caso in cui ritenga che i piani nazionali si stiano discostando dagli obiettivi. Non è propriamente un veto, nel senso che l’opposizione di un singolo paese non frema la concessione degli aiuti, ma consente il riesame da parte del Consiglio Europeo.
In sostanza, la procedura non verrebbe bloccata, ma sarebbe necessario un passaggio in più. Si tratta di un allungamento dei termini, e della necessità di approfondire il dibattito nel caso sopra esposto. Ma, par di capire, il meccanismo non bloccherebbe l’erogazione dei fondi.
Come detto, il Governo italiano esprime piena soddisfazione per l’accordo. «Abbiamo approvato un piano di rilancio ambizioso e adeguato alla crisi che stiamo vivendo. Avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre».