Lavoratori a termine: la prosecuzione di fatto

di Roberto Grementieri

Pubblicato 1 Dicembre 2010
Aggiornato 12 Febbraio 2018 20:40

La cessazione del rapporto di lavoro a termine si differenzia rispetto a quella prevista per il contratto di lavoro a tempo indeterminato in quanto, di norma, avviene in modo automatico per effetto del decorso del termine.

Decorso il termine, il datore di lavoro può continuare (indipendentemente dalla durata iniziale del contratto) ad usufruire della prestazione del lavoratore a termine per un breve periodo, senza che sia stipulato alcun accordo, a condizione che la prestazione lavorativa sia compensata con una maggiorazione.

La proroga può avere una durata massima di:
a) 30 giorni, per i contratti di durata iniziale pari o superiore a sei mesi;
b) 20 giorni, per i contratti di durata inferiore a sei mesi.

Nell’ipotesi in cui il rapporto di lavoro dovesse proseguire di fatto oltre detti limiti di durata il contratto di lavoro a termine si considera a tempo indeterminato a partire dal primo giorno di superamento del limite.

La maggiorazione da corrispondere per ogni giorno di continuazione del rapporto dovrà  essere pari al:
a) 20% fino al decimo giorno successivo alla scadenza;
b) 40% per ciascun giorno ulteriore.

Ricordiamo che sono espressamente esclusi dalla disciplina dei lavoratori a termine, in quanto già  disciplinati da specifiche normative, i contratti a contenuto formativo, quali l’apprendistato e il contratto di inserimento.