Lambro: reati ambientali e rischi per le aziende

di Tullio Matteo Fanti

25 Febbraio 2010 14:00

Il disastro ambientale del Lambro punta i riflettori sui reati compiuti dalle aziende nei confronti dell'ambiente. Previste multe fino a 30.000 euro e l'arresto fino a 2 anni. E' pero polemica sulla loro depenalizzazione

Il disastro del Lambro ha portato sotto i riflettori la questione dei reati ambientali ad opera di aziende – che ad oggi hanno elevata concentrazione nel Nord Est d’Italia ma soprattutto in Lombardia – oltre a inasprire la polemica sulla presunta depenalizzazione da parte del Governo del reato di scarico industriale nelle acque.

Sono oltre 600mila i litri di gasolio e oli combustibili riversati nel fiume Lambro dai depositi della raffineria Lombarda Petroli di Villasanta, nei pressi di Monza. Un disastro che delle prime indagini non appare accidentale ma di origine dolosa.

Secondo il rapporto 2009 realizzato da Legambiente sulla criminalità ambientale, la regione più critica sotto questo punto di vista appare proprio la Lombardia, interessata da più di un terzo dei crimini contro l’ambiente.

Nel dettaglio, in2008 sono stati accertati ben 886 reati contro l’Ambiente, con 307 sequestri e 886 persone denunciate dalle forze dell’ordine.

Sono state inoltre ben 261 le infrazioni – a cui hanno seguito 400 denunce e 26 sequestri – in merito ad appalti pubblici truccati, escavazioni illegali nei fiumi e abusivismo edilizio. Per quanto riguarda gli illeciti fluviali, la Lombardia si posiziona al secondo posto, dopo il Lazio, con 28 reati.

Tutto ciò, nonostante le aziende scoperte a perpetrare reati ambientali rischino pesanti multe, oltre a distaccarsi dai principi della Green Economy.

A tal proposito, il disastro ambientale del Lambro ha portato alla luce una polemica che arriva dal presidente nazionale dei Verdi, Angelo Bonelli, che denuncia una depenalizzazione degli scarichi industriali, approvata dal Parlamento il 2 febbraio 2010.

Secondo il ministro dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, le pene restano quelle di sempre: arresto fino a due anni e ammenda da 3.000 a 30.000 euro.