Apprendistato e bonus assunzioni: come reagiscono le imprese?

di Filippo Davide Martucci

Pubblicato 15 Gennaio 2012
Aggiornato 4 Aprile 2014 11:18

Il parere delle imprese sulla Riforma dell'Apprendistato e sul bonus assunzioni: gli aiuti servono solo se "producono".

Cosa ne pensano le aziende della Riforma dell’Apprendistato in via di definizione, di concerto con le parti sociali, per aggiornare uno dei contratti di lavoro che più di altri potrebbero rilanciare la produttività delle Pmi e l’occupazione? E come è stato invece recepito il bonus assunzioni, introdotto con il Decreto Sviluppo per incrementare l’occupazione al Sud?

Il Testo unico sull’apprendistato – che prevede l’introduzione di tre tipologie di apprendistato: contratto finalizzato all’ottenimento di una qualifica professionale, contratto di mestiere e apprendistato di alta formazione – a una prima lettura sembra strizzare l’occhio ai giovani lavoratori ma invece regala ampio margine d’azione alle aziende.

Di fatto, al termine del periodo di formazione, le aziende possono recedere senza obbligo di motivazioni, e che hanno la possibilità di decidere per un inquadramento del lavoratore fino a due livelli inferiori rispetto alla categoria spettante o, in alternativa, stabilire la retribuzione dell’apprendista in misura percentuale e in modo graduale rispetto alla anzianità di servizio.

Riforma apprendistato: fumata bianca

Non stupisce dunque che le reazioni dal mondo delle Pmi siano nella maggioranza positive, anche se si sottolinea la necessità di mettere in pratica le regole, finalmente univoche, stando attenti a non sovrapporre norme pregresse e quindi superate dalle nuove, con il rischio di tornare a quel guazzabuglio di indicazioni spesso contrastanti di un quadro normativo risalente al 1955, modificato dalle leggi Treu prima e Biagi dopo, oltre che dalle leggi regionali e dai contratti collettivi!

Alberto Meomartini, presidente di Assolombardia, Gianfranco Carbonato, presidente Unioni Industriali di Torino, e Gianluca Zuccato di Confindustria Vicenza, hanno dichiarato tutti la necessità di evitare un ritorno al passato, in cui capitava spesso che un ‘ azienda che avesse filiali in diverse regioni fosse sottoposta a differenti regole dovute alla presenza di diverse burocrazie.

Altro elemento strategico è rappresentato dalla necessità di unire le norme teoriche alle applicazioni sul campo, magari attraverso la realizzazione di progetti sviluppati a stretto contatto con la propria azienda, così come sottolineato da Maurizio Marchesi di Unindustria Bologna, il quale ha sottolineato la necessità di valorizzare il datore di lavoro come soggetto in grado di formare l’apprendista, in modo da creare una sinergia che coniughi le conoscenze e competenze specifiche del lavoratore alle reali necessità dell’azienda.

Bonus assunzioni: fumata nera

Se per il Testo unico sull’Apprendistato le impressioni sono positive, lo stesso non si può affermare per quanto riguarda il bonus assunzioni per il Mezzogiorno, che nelle intenzioni del Governo dovrebbe favorire l’aumento dell’occupazione nelle regioni svantaggiate.

Secondo le imprese, gli aiuti non possono rappresentare una reale possibilità se alle spalle non ci sono le riforme necessarie, tanto più se si tratta solo di interventi episodici che non rientrano in un progetto più ampio finalizzato allo sviluppo economico economico del Sud.

Inoltre una miriade di micro provvedimenti creano confusione: sarebbe forse più opportuno, come sottolineato dal presidente di Confindustria Sardegna Meridionale, realizzare un testo unico che possa semplificare le cose razionalizzando le misure e garantendo la chiarezza e la semplicità necessarie.

«Al Sud siamo nel pieno della crisi, come si possono assumere nuove persone se non si aprono nuovi spiragli di mercato?» ha commentato Giuseppe Gatto, presidente di Confindustria Catanzaro. Più che un credito d’imposta sulle nuove assunzioni dunque, sarebbe stato opportuno uno su nuovi investimenti e innovazione, visto che innovando si può dare un nuovo impulso alle imprese, rilanciare l’economia e indirettamente favorire l’occupazione.

Proprio come dimostra di saper fare la Regione Puglia, che sta favorendo le imprese innovative attraverso una delle manovre anticicliche che oggi sta producendo i suoi effetti: la Regione ha infatti stanziato più di 1,2 milioni di euro per tre aziende innovative di nuova costituzione che produrranno nuovi posti di lavoro, nell’ambito della misura “Aiuti alle piccole imprese innovative di nuova costituzione”; questo, nell’attesa di finanziarne altre 13 nell’ambito della misura “Aiuti alle piccole imprese innovative operative”, che riceveranno più di 7 milioni di euro e che hanno già generato 90 posti di lavoro.

L’obiettivo di queste manovre è far decollare brevetti d’avanguardia (per le tre aziende innovative di nuova costituzione si parla di produzione industriale di prodotti da forno con lievito naturale e non lievito di birra; un sistema solare termico innovativo; e integrazione delle tecnologie del web 2.0 con il semantic web).

«Premiare chi innova produce effetti positivi automatici anche sulle assunzioni, ha spiegato Alessandro Albanese, presidente degli industriali di Palermo. Limitarsi a favorire l’occupazione di soggetti svantaggiati non risolve il problema della crescita e del rilancio dell’economia e del territorio».