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Moneta complementare come risposta al Credit Crunch

di Alessia Valentini

Pubblicato 6 Maggio 2013
Aggiornato 16:30

In mancanza di credito bancario, anche in Italia prende piede la moneta complementare: baratto di beni e servizi in un circuito di imprese, con certificazione dei crediti e verifica di solvibilità di ogni società del network: ecco gli esempi.

L’economia italiana è installo per mancanza di credito: i prestiti alle imprese sono in caduta libera e la PA è sempre in ritardo con i pagamenti dei debiti commerciali. Le conseguenze per le PMI italiane sono disastrose e molte sono letteralmente rimaste senza ossigeno.

In mancanza di finanziamenti a medio termine – obbligazioni con finalità di scopo o modelli simili agli storici crediti fondiari per i comparti dell’edilizia – alcune aziende hanno deciso di percorrere strade alternative, aderendo allo strumento della moneta complementare.

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Vecchio principio, nuova applicazione

Come strumento di pagamento, Unindustria Bologna ha di recente riproposto la moneta complementare, moneta virtuale per lo scambio di beni e servizi tra aziende iscritte ad un determinato circuito.

Tecnicamente si definisce “sistema di compensazione multilaterale”  o baratto differito con particolari condizioni di garanzia fra le parti.

Per far parte del circuito si paga un abbonamento annuale, che consente di scambiare prodotti o servizi senza usare la moneta ordinaria, se non per una minima commissione sulle vendite (da riconoscere al network). Chi vende non è obbligato ad accettare la merce dell’acquirente ma può comprare ciò che gli serve presso altri fornitori del network.

Ogni transazione è garantita dal rischio insolvenza mediante  accordi con società assicurative.

Esempio pratico. L’azienda A espone sul circuito beni e servizi in compensazione.; l’azienda B decide di acquistarli in compensazione, senza spendere denaro: A acquisisce un credito sul circuito che può spendere anche dopo mesi se è interessata ad acquistare beni e servizi non necessariamente da B ma da qualsiasi altra azienda del network. Il soggetto terzo certifica i crediti verifica la solvibilità di ogni società.

Casi reali. Wir BanK in Svizzera, Incambiodi e Cambiomerci in Italia, Sardex a livello regionale in Sardegna (che ha eliminato persino le commissioni d’ingresso) ed il più noto a livello nazionale, BexB (2.600 imprese).

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Massimo Amato, docente dell’Università Bocconi di Milano, ha spiegato che il presupposto di applicazione della moneta complementare è l’ambito di applicazione, che diventa un circuito chiuso. Estremizzando anche la vecchia Lira potrebbe essere usata per i soli scambi interni, mantenendo l’Euro per gli scambi verso l’Europa: potrebbe eliminare effetti inflazionistici e razionamento del credito, stimolando i consumi in quanto non avrebbe senso accumularla (dato che si deprezza nel tempo).

Di fondo, si dovrebbe intervenire alleggerendo il fabbisogno di liquidità delle aziende ed eliminando il gap di competitività causato oggi da differenti condizioni finanziarie (e non da reali differenze di produttività).

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