Asta WiMax: come cambierà lo scenario

di Alessandra Gualtieri

Pubblicato 8 Novembre 2007
Aggiornato 3 Marzo 2014 11:45

Dettagli del bando, obiettivi e scenari futuribili, reali prospettive per gli operatori, polemiche e incongruità: il punto sulla tecnologia broadband più attesa dagli italiani

Il Ministero delle Comunicazioni il 10 ottobre ha aperto l’asta per l’assegnazione delle frequenze WiMax, ma prima che la gara entri nel vivo si dovrà attendere il primo bimestre 2008. Quindi, considerati i tempi tecnici necessari per la successiva realizzazione e implementazione delle nuove reti, per il lancio effettivo dei servizi WiMax potremmo dover aspettare anche fino al 2010.

Si tratta di un’attesa carica di aspettative, poiché la tecnologia WiMax promette di rivoluzionare lo scenario italiano delle comunicazioni, portando la copertura broadband senza ingenti costi anche nelle zone isolate e non raggiunte da Adsl o fibra ottica, grazie anche alla tecnologia BWA (Broadband Wireless Access) che permetterebbe il superamento del cosiddetto “ultimo miglio”, promuovendo la competizione nel mercato TLC.

I dettagli dell’asta

Possono accedere all’asta non solo i numeri uno delle telecomunicazioni ma anche le PMI radicate sul territorio, che potranno promuovere un’offerta di servizi mirati alle esigenze locali. Vengono messe all’asta 65 licenze articolate in tre lotti, con una basa d’asta complessiva di 45 milioni di euro. I primi due lotti (pari a 14 licenze complessive) saranno assegnati ciascuno nell’ambito di 7 macroregioni (Lombardia, Province Autonome di Trento e Bolzano; Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Toscana; Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna, Marche; Umbria, Lazio, Abruzzo, Molise; Campania, Puglia, Basilicata, Calabria; Sicilia; Sardegna).

Le licenze macroregionali potranno essere assegnate solo a società che già dispongono di autorizzazioni generali per reti e servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico o che dimostrino di avere i requisiti tecnico-commerciali per entrare nel settore. A concorrere, quindi, saranno sostanzialmente gli operatori telefonici già attivi sul mercato: Telecom Italia, Vodafone, Wind e H3G.

Il terzo lotto (21 licenze), riservato ai “new comers”, sarà rilasciato a livello regionale (con suddivisione provinciale nel caso delle Province Autonome di Trento e Bolzano). I soggetti partecipanti a questa categoria non possono disporre direttamente di diritti d’uso di risorse spettrali per l’offerta di servizi mobili 3G (UMTS): in pratica restano fuori da questo lotto TIM, Vodafone, Wind e 3.

Inoltre, uno stesso soggetto può essere assegnato un solo diritto d’uso per macroregione. Questo è un punto da non sottrovalutare in termini di strategia di investimento, poiché il vincolo non impedisce che ad un operatore possa essere assegnata una licenza per ogni macro-area in cui è presente, portandolo ad essere infine attivo su quasi tutto il territorio nazionale. Gli aggiudicatari potranno però chiedere di scambiare tra loro porzioni contigue di spettro accoppiato, della stessa dimensione e nella stessa area di estensione geografica, per poter ottenere il diritto d’uso di porzioni di spettro contigue di ampiezza maggiore.

I diritti sulle frequenze avranno una durata di 15 anni (rinnovabili) a partire dalla data di rilascio, e non potranno essere ceduti a terzi senza previa autorizzazione ministeriale. Gli obblighi minimi di copertura previsti dal regolamento per i primi due Blocchi dovranno essere essere osservati entro 30 mesi dal rilascio, con particolare attenzione alle aree soggette a digital divide. Trascorso tale periodo, le frequenze non utilizzate non verranno riassegnate bensì rivendute dagli aggiudicatari, fatto obbligo di soddisfare alle richieste avanzate da soggetti terzi.

Dubbi e perplessità

Nonostante i numerosi passi in avanti, le polemiche in merito al WiMax non accennano a placarsi. La stessa Agcom ritiene che le frequenze previste siano insufficienti, auspicando un’ulteriore concessione da parte del Ministero della Difesa. In effetti, così come si presentano i termini per la partecipazione alla gara, rimangono inalterati quei margini entro cui si potrebbero realizzare i timori di molti esperti del settore.

Secondo il presidente della Fondazione Ugo Bordoni, Maurizio Décina, «il WiMax verrà utilizzato inizialmente avrà una capacità di 30Mbps. Se 30 utenti si collegano all’antenna WiMax avranno a disposizione una capacità di banda di 1 Mb, da dividere in due canali, in ricezione e in trasmissione. E quindi 500Kbps per canale. Più realisticamente avranno a disposizione intorno ai 200Kb reali. Se poi sono 300 gli utenti raggiunti, basta togliere uno zero e si arriva a prestazioni più scadenti del dial-up».

Restano poi incerti tutti i dettagli sulla possibilità di adottare la versione mobile 802.16e e se si potrà utilizzare le frequenze anche solo per il semplice backhauling (trasferimento dati da un’antenna all’altra), lasciando oscuri anche altri punti nodali come il tipo di collegamento e la distribuzione ad altri utenti del segnale.

I dubbi riguardano anche gli aspetti economici e di mercato. Sono in molti a temere per il prossimo futuro uno scenario di tipo oligopolistico: il pericolo è che i player medio-piccoli finiscano per non poter competere con i big delle Tlc che al momento dominano il mercato, e che le frequenze finiscano tutte in mano ai grossi operatori i quali, invece di utilizzare il WiMax per soluzioni innovative, potrebbero propendere per un uso “conservativo” (con molta probabilità, al massimo per il trasporto dati su rete fissa e mobile ma non IP), quasi a voler estromettere dal mercato una rivale così temibile per le proprie soluzioni tradizionali. Tale scenario sovvertirebbe gli obiettivi iniziali del bando di gara stesso, che dovrebbe favorire la competizione e l’ingresso sul mercato di nuovi operatori.

In effetti, come sottolineano l’Adiconsum e l’associazione Anti Digital Divide, i criteri di assegnazione attuali potrebbero far confluire le frequenza WiMax nei primi due Blocchi macroregionali A e B ad operatori che già posseggono un’altra tecnologia wireless, ossia l’Umts. Per preservare equità di mercato, come evidenziato dall’AIIP e dall’Anfov, sarebbe stato più efficace adottare per l’asta il criterio del “beauty contest” che, invece di premiare soltanto le offerte più sostanziose (e quindi le società già consolidate) concedesse una fetta della torta anche a quelle proposte progettuali che producessero benefici concorrenziali e competitivi, a tutto vantaggio degli utenti finali.

Inoltre, come evidenziato dai massimi esperti dell’IT italiano, nel disciplinare di gara non si fa riferimento all’obbligo di wholesale (ipotizzabile se a vincere una licenza fosse Telecom Italia) per scongiurare posizioni dominanti. Infine, il pieno diritto di ‘conservare’ le licenze per ben 30 mesi blinda lo sviluppo in tempi brevi della nuova tecnologia e la sua traduzione in progetti concreti a beneficio degli utenti e dell’abbattimento del digital divide. Senza considerare che una tempistica così dilazionata risulta alquanto irrealistica nel più ampio contesto del mercato delle comunciazioni wireless, dominato da dinamiche a dir poco vibranti.

La società MGM Production Group – già vincitrice di una licenza regionale per il WiMax in Germania – ha impugnato le regole con cui si svolgerà l’asta italiana, chiedendo l’annullamento della direttiva, dove non viene esplicitata la limitazione della gara per il Blocco C di frequenze a quegli operatori che non dispongano già di licenze Umts. Tale norma, infatti, è basilare per evitare un probabile oligopolio del mercato WiMax in Italia.

Lo scenario competitivo

Umts. Rispetto ai sistemi 3G, il WiMax nelle bande rese disponibili potrà sostanzialmente usare spettro licenziato solo per connessioni punto-punto, e non punto-multipunto. Questo dovrebbe sciogliere molti timori sulla eventuale concorrenza che il WiMax potrebbe esercitare nei confronti delle reti di terza generazione Umts possedute o gestite dagli operatori mobili italiani.

Tuttavia, la mancata specificazione nel testo del bando fra WiMax fisso (802.16d) e WiMax mobile (802.16e) è fonte di profonda incertezza, poiché le due versioni non competono in egual misura con altre tecnologie wireless come l’Umts: quella fissa non è in grado di ottenere le stesse performance, mentre quella mobile potrebbe farlo se non fosse che le frequenze usate sono troppo alte per un uso wireless, rischiando così di sprecarne le potenzialità.

Wi-Fi. Rispetto a Wi-Fi, invece, il WiMax risulta comunque superiore per velocità di trasmissione e per range di copertura. In realtà, le due tecnologie non sono affatto rivali, in quanto nascono per usi e contesti diversi. Qualunque sarà l’esito finale della gara, il Wi-Fi rimane uno standard pensato per reti domestiche e indoor mentre il WiMax per reti esterne comprensive anche di tutta un’area metropolitana.

Quindi molto probabilmente questa competizione, invece di spendersi sul piano delle prestazioni tecniche, finirà per esaurirsi in un mero gioco di poteri e monopoli di mercato. Sarebbe interessante (forse utopico) se accanto alle grosse aziende partecipassero alla gara anche le Regioni allo scopo di fornire il servizio gratuitamente ai cittadini, ma forse per l’Italia è troppo presto per sperare in un tale investimento in cultura dell’innovazione.