Social media: l’impatto sulla carriera

di Cristiano Guarco

5 Giugno 2012 15:00

Google Enterprise ha presentato uno studio europeo su come le tecnologie social possono guidare il successo delle aziende.

Lo studio europeo condotto da Millward Brown per la divisione Enterprise di Google ha sconvolto la convinzione che i social media siano una “cosa da giovani”: a trainarne l’uso nelle aziende è infatti lo staff senior.

L’Italia è tra i Paesi che mostrano maggiore entusiasmo nei confronti degli strumenti social come supporto dell’attività lavorativa: il 24% dello staff li usa quotidianamente ed il picco d’uso è attribuibile agli Executive: l’83% impiega strumenti social almeno una volta la settimana.

In generale, il 31% di chi lavora in uffici e aziende li ritiene una buona opportunità per ridurre la mole di messaggi di posta elettronica, risparmiando fino a tre-quattro ore a settimana grazie a cerchie di Google Plus, liste Facebook, chat e servizi di messaggistica interna integrati nelle principali reti aziendali.

Ovviamente i dati vanno presi con le pinze, perché si affidano a valutazioni soggettive sulla percezione dell’impatto potenziale dei social media sul lavoro, e non si basano su un metodo empirico affidato a calcoli scientifici.
Tanto più che lo scenario dell’indagine è quello di aziende medio grandi (almeno 50 dipendenti se in unica sede, almeno 25 per ogni sede) più aperte all’innovazione e alla condivisione di informazioni.

Pertanto,  questi dati possono apparire azzardati se rapportati alla routine dei top manager  di imprese ancora antiquate, molto gerarchiche e poco propense all’innovazione.
Eppure in cambiamento è in atto, “anche nelle fasce meno inclini alla tecnologia”, ha spiegato Luca Giuratrabocchetta, Country Manager Italia di Google Enterprise.
“Esistono certamente ancora imprenditori che si fanno stampare la mail dalla segretaria, ma oggi prima di andare a un meeting consultano il profilo LinkedIn del loro interlocutore”.

“Siamo ormai passati ad una società postindustriale, centrata sulla produzione di beni immateriali come servizi, informazioni, simboli, valori, estetica: ciò comporta il crollo del muro di cinta della vecchia impresa, dove era vietato l’accesso ai non addetti ai lavori”, ha commentato il sociologo Domenico De Masi a margine della presentazione dello studio.

“Dopo che per secoli è stata una faccenda di “pochi per molti”, e più di recente di “pochi che si rivolgevano alla massa” con i mass media, ora la cultura è diventata una questione di “molti per molti” grazie ai social media”.

Oggi, grazie ai social media, il perimetro dell’azienda coincide con l’area dell’intero pianeta, le pareti di ogni ufficio sono diventate trasparenti e porose, il mercato entra nell’azienda senza che i manager debbano uscire per cercarlo.
Inoltre, i social media aumentano la possibilità e l’opportunità di telelavoro, che giova ai lavoratori, ai sindacati, all’impresa e alla città. E questa è una rivoluzione epocale”.