PEC, esempio da seguire o anomalia italiana?

di Lorenzo Gennari

14 Aprile 2008 12:55

La Posta Elettronica Certificata esiste solo in Italia. Diverse associazioni chiedono l'adeguamento al protocollo europeo, ma è davvero un servizio inutile?

L’Associazione per la difesa dei consumatori (Adiconsum), l?Associazione «Cittadini di Internet» ed A.N.O.R.C. (Associazione Nazionale degli Operatori e Responsabili della Conservazione Sostitutiva) hanno predisposto una denuncia volta all’apertura di una procedura d’infrazione contro lo Stato Italiano per inadempimento delle norme comunitarie in materia di firme elettroniche e posta elettronica certificata.

Secondo le tre associazioni la cosiddetta «PEC» (Posta Elettronica Certificata) non sarebbe compatibile con le norme europee ed isolerebbe l’Italia dal contesto comunitario ed internazionale.

In Europa come in Italia esiste già la firma elettronica, ma all’ulteriore strumento della firma elettronica avanzata presente negli altri paesi europei, l’Italia contrappone ben tre diversi servizi aggiuntivi: la firma digitale, quella elettronica qualificata e infine la posta elettronica certificata.

Ciò limita l’interoperabilità con i soggetti appartenenti agli altri stati membri dell’Unione e disorienta molto nei rapporti con la Pubblica Amministrazione. Massimo Penco, di «Cittadini di Internet» parla di «un duplicato di una cosa già esistente», pertanto inutile.

Eppure la PEC rappresenta in questo momento l’unico sistema di sostituzione elettronica delle raccomandate cartacee. Inoltre, il numero di gestori autorizzati ad offrire PEC sul territorio italiano è cresciuto da 15 a 23 soggetti in poco più di un anno, pertanto l’interesse e l’apprezzamento nei confronti del servizio è andato crescendo.

La Posta Elettronica Certificata funziona in questo modo: quando il mittente possessore di una casella PEC invia un messaggio ad un altro utente certificato, il messaggio viene raccolto dal gestore del dominio certificato che lo racchiude in una busta (virtuale) e vi applica una firma elettronica in modo da garantire inalterabilità e provenienza. Dopo l’invio del messaggio al gestore destinatario (che verifica la firma), avviene la consegna al destinatario. Al mittente arriva inoltre una ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore destinatario.

Grazie alla PEC, come accade per le raccomandate cartacee con ricevuta di ritorno, si può dimostrare che un messaggio è stato spedito, consegnato e che non presenta alterazioni rispetto all’originale. Nell’avviso inviato dai gestori è apposta anche una marca temporale che certifica data e ora dell’operazione. Se il mittente dovesse smarrire le ricevute, la traccia informatica delle operazioni svolte, conservata dal gestore per 30 mesi, consente la riproduzione, con lo stesso valore giuridico, delle ricevute stesse.

Secondo le tre associazioni ciò non basta a giustificare l’esistenza di un servizio che si avvale in realtà di un altro sistema di certificazione (la firma elettronica) che potrebbe essere sufficiente da solo a coprire le stesse esigenze di chi utilizza la PEC. La speranza dei promotori perciò è che il nuovo Parlamento e il nuovo Governo possano assumere il protocollo europeo ed uscire dall?isolamento della PEC.