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Taglio Pensioni dipendenti PA: forse solo per le uscite anticipate

di Barbara Weisz

Pubblicato 17 Novembre 2023
Aggiornato 10 Aprile 2024 07:16

Ipotesi maxi-emendamento di Governo sul taglio pensioni dei dipendenti ex INPDAP ma la via è tracciata: dibattito e ipotesi di correttivi in Manovra 2024.

Si aprono spiragli sul temuto taglio alle pensioni future dei dipendenti pubblici previsto dalla Legge di Bilancio 2024 per alcuni statali con quote di contributi valorizzabili nel sistema retributivo: i nuovi coefficienti di calcolo comportano una penalizzazione per chi ha meno di 15 anni versati entro il 31 dicembre 1995.

Significa una pensione di bassa di quella che viene oggi prevista per una platea di migliaia di lavoratori, che toccano anche Scuola e Sanità.

La soluzione temporanea dovrebbe essere quella di applicare il taglio alle sole uscite anticipate, ossia a chi va in pensione nel 2024 con la nuova Quota 103 e con la pensione anticipata Fornero. Poi, dal 2025 o 2026, si applicherebbe a tutti.

Taglio pensioni pubbliche in Manovra 2024

La misura al centro del dibattito prevede un taglio delle pensioni di alcune categorie di dipendenti pubblici con contribuzione precedente al primo gennaio 1996. Il taglio è inversamente proporzionale al numero di anni valorizzati con il retributivo.

Quali pensioni sono interessate dal taglio

La modifica inserita nella Manovra 2024 riguarda gli iscritti alle ex gestione INPDAP confluite a suo tempo nell’INPS:

  • cassa pensioni dipendenti Enti locali (CPDEL),
  • Cassa pensioni Sanitari (CPS),
  • Cassa pensioni insegnanti di asilo e scuole elementari parificate (CPI),
  • cassa pensioni ufficiali giudiziari, aiutanti ufficiali giudiziari e coadiutori (CPUG).

Per questa specifica platea, in relazione ad eventuali contributi versati nel periodo 1981-1995, non si applicheranno più le aliquote di rendimento previste dalle attuali tabelle (risalenti al 1965) ma quelle nuove, allegate alla Legge di Bilancio 2024.

Le ipotesi allo studio del Governo

Su questa norma si concentrano le proteste dei sindacati confederali, di alcune sigle dei medici (Anaao, Cimo hanno indetto uno sciopero per il 5 dicembre, i dirigenti medici, veterinari e sanitari del SSN annunciano a loro volta mobilitazioni), e di altre associazioni di categoria, come la CIDA, confederazione italiana dirigenti e alte professionalità.

La ministra del Lavoro, Marina Calderone ha dichiarato:

capisco le perplessità su un intervento che avviene in un contesto in cui alcuni avevano fatto una previsione di uscita, ma sono certa si possa trovare una misura che da un lato non tradisca le aspettative di chi già guarda alla pensione e dall’altro tenga conto che quando si parla di norme pensionistiche è importante creare un equilibrio tra gestioni e nella gestione che non possa privilegiare alcuni danneggiando altri.

Calderone ha definito utili tutte le riflessioni che si collocano nell’ambito dell’iter parlamentare della Legge di Bilancio che, ha sottolineato, «può arricchirsi di altri contributi, soprattutto se vengono da un maxi-emendamento governativo».

Quindi, l’esecutivo potrebbe inserire la modifica in un maxiemendamento in sede di approvazione parlamentare della manovra 2024.

Il dado è tratto?

Sembra però che, al di là delle decisioni immediate, ci sia l’intenzione di proseguire nel medio lungo periodo sulla strada intrapresa del taglio alle pensioni.

«La disciplina riguardante l’adeguamento dell’aliquota di rendimento delle gestioni previdenziali», ha spiegato il Ministro dei rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, in un question time alla Camera, «mira ad assicurare una proporzionalità tra anzianità utile e la percentuale di rendimento pensionistico per le anzianità inferiori ai 15 anni».

Aggiungendo anche un aspetto che finora non era emerso, sul ricorso alle nuove tabelle. Secondo quanto dichiarato, i nuovi coefficienti saranno utilizzati:

anche nei prossimi anni per la valorizzazione delle quote retributive delle pensioni per coloro che, al 31 dicembre 1995, possiedono un’anzianità utile inferiore ai 18 anni.

Questo sembra indicare l’intenzione di allargare la revisione delle aliquote di rendimento a tutti coloro che usciranno con il sistema misto.

Le nuove aliquote di rendimento per la pensione mista

In questi casi, se la quota retributiva della pensione è inferiore ai 15 anni (quindi, se hanno iniziato a lavorare fra il 1981 e il 1995), vengono previste nuove aliquote di rendimento, meno vantaggiose rispetto a quelle attuali, che restano invece valide per chi ha più di 15 anni di contributi con il retributivo.

La bozza del Disegno di Legge di Bilancio contiene le tabelle con le nuove aliquote per i dipendenti delle gestioni previdenziali sopra elencate, che si trovano nella condizione contributiva indicata.

  • Le nuove percentuali iniziano da “zero” per chi non aveva contribuzione versata al 31 dicembre 1995 e arrivano a “0,375” con 15 anni di contributi prima del 1996.
  • Le tabelle precedenti partivano da un valore positivo (0,23865), che pertanto favorivano chi aveva meno versamenti rispetto alle nuove.

Per chi scatta il taglio e di quanto scende la pensione

Ci sono già i primi calcoli sull’impatto che questa modifica avrà sugli assegni previdenziali.

Secondo Il Messaggero, un dipendente pubblico che rientra nella platea di coloro che avranno il ricalcolo della quota retributiva del trattamenti previdenziale, se che va in pensione di vecchiaia nel 2024 con 35 anni di contributi e 67 anni di età con una RAL di 30mila euro allora prenderà fino a 4.400 euro in meno. Il taglio sfiora i 6mila euro per chi ha stipendi lordi da 40mila euro, supera i 7.300 euro per le retribuzioni sopra i 50mila euro.

In base ai calcoli Confsal-Unsa, invece, il taglio parte da oltre 7mila euro l’anno per chi non aveva contributivi con sistema retributivo nel periodo 1981-1995 per ridursi fino a quasi zero per chi sfiora i 15 anni di attività.

Riscatto contributi più salato

Le stesse nuove aliquote, secondo la bozza di Manovra (il testo sarà reso noto martedì 31 ottobre, con l’approdo in Senato), si dovrebbero applicare anche per calcolare l’onere di riscatto, che quindi a sua volta diventerebbe più caro: quattro anni di università potrebbero costare quasi 66mila euro invece di 19mila.

Conclusioni

Riassumiamo brevemente le nuove regole per capire come dovrebbe funzionare il nuovo taglio pensioni future degli attuali dipendenti pubblici ex INPDAP con quota retributiva nel periodo 1981-1995, a meno che non intervengano correttivi:

  • per chi aveva zero contributi prima del 1996 (senza quota retributive sulla pensione), non cambia nulla;
  • per chi ha fino a 15 anni di contributi ricadenti nel sistema di calcolo retributivo della pensione futura (avendo iniziato a lavorare fra il 1981 e il 1995) – applicando pertanto il sistema misto di calcolo pensione – si applicano le nuove aliquote di rendimento sulla quota retributiva;
  • per chi ha oltre 15 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 1995 non cambia niente, perché continuano ad applicarsi le vecchie aliquote di rendimento.

Vedremo come si svilupperà il dibattito. Le certezze, comunque, si avranno solo con l’approvazione definitiva della Legge di Bilancio entro la fine dell’anno.