Il Decreto Aiuti approvato definitivamente introduce una novità in relazione ai buoni pasto ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che riguarda le commissioni a carico degli esercenti (bar, ristoranti, esercizi di vicinato, supermercati e ipermercati) da pagare alle società che emettono i buoni: nelle prossime gare Consip è stata introdotta una soglia massima al 5%.
Il riferimento normativo è l’articolo 26 bis, introdotto in sede di conversione in legge del DL Aiuti, che va modificare il Codice Appalti modificando i criteri nei bandi di gara per i servizi sostitutivi di mensa della PA con offerta più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo.
Fra i criteri c’è lo sconto incondizionato verso gli esercenti che accettano i buoni, che però adesso, in base alla nuova norma, deve essere «in misura non superiore al 5 per cento del valore nominale del buono pasto. Tale sconto incondizionato remunera altresì ogni eventuale servizio aggiuntivo offerto agli esercenti». In parole semplici, la commissione non può essere più alta.
La novità riguarda esclusivamente i buoni pasto destinati alla PA, per evitare che le società emittenti recuperino sotto forma di commissione agli esercenti gli sconti che praticano in sede di aggiudicazione.
Soddisfazione da parte delle associazioni di settore: ANCC-Coop, ANCD-Conad, Federdistribuzione, FIDA, Fiepet-Confesercenti e FIPE- Confcommercio, che segnalano: «la prossima gara Consip (BP10) del valore di oltre 1,2 miliardi di euro sarà il vero banco di prova per valutare l’efficacia di queste nuove regole nel segnare una profonda discontinuità con le precedenti gare che hanno portato a commissioni addirittura superiori al 21%».
Le sigle della ristorazione e del commercio chiedono in realtà «una riforma strutturale del sistema dei buoni pasto, per intervenire anche sulle gare private che oggi non sono interessate dal provvedimento appena approvato e che, tuttavia, valgono due terzi del mercato». La proposta: «adottare modelli di regolazione mutuati da altri Paesi europei, mettendo al centro la salvaguardia del valore reale del buono pasto, da quando viene acquistato dal datore di lavoro a quando viene speso dal lavoratore». Un altro punto, riguarda l’IVA, che si chiede di uniformare, essendo oggi al 4% per gli emettitori e al 10% per chi lo acquista.