«È stato un errore fidarsi, con ottimismo superiore alla media, dei primi segnali di rilancio». Lo dice il Centro Studi Confindustria, che nelle previsioni economiche di oggi rivede al ribasso di due decimi le stime di crescita per l’anno in corso e per il prossimo e avverte: senza riforme, la ripresa 2012 sarà ulteriormente dimezzata, allo 0,6%.
È l’ennesimo sos sull’economia italiana, che si aggiunge fra l’altro agli ultimi report di S&P e Moody’s. Del resto, la stessa presidente di Viale Astronomia negli ultimi mesi non ha perso occasione di mettere in guardia sui rischi legati alla debole ripresa.
Secondo il Csc, la crescita 2011 si attesterà allo 0,9%, nel 2012 salirà all’1,1%, quello che secondo le precedenti stime degli industriali doveva essere il ritmo della ripresa di quest’anno. Invece ora diventa la previsione 2012 più ottimistica: perchè come detto senza riforme si rischia di scendere allo 0,6%.
I conti pubblici sostanzialmente vengono promossi. La manovra di quest’anno viene definita «pienamente efficace», il disavanzo calerà al 3,9% del pil (dal 4,6% del 2010), e scenderà ulteriormente al 2,8% l’anno prossimo. E nel 2012 inizierà a diminuire anche il debito, al 119,8%, dal 120,1% di quest’anno.
La politica economica deve tenere presente due priorità non procrastinabili: «centrare gli obiettivi ambiziosi ma obbligati di azzeramento del deficit» ed «evitare la stagnazione». Senza le riforme strutturali, «diventerebbero necessarie manovre aggiuntive» per l’1% del pil al 2014. Che in soldoni significa «altri 18 miliardi oltre ai 39 già previsti». È questo lo scenario in cui la crescita scenderebbe allo 0,6% nel 2012.
Sulla necessità di non tergiversare sul debito è interventuo oggi anche il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, definendo «ineludibile e urgente» l’impegno di «rafforzare la stabilità finanziaria del sistema Italia». Parole condivise dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, che continua a parlare di «riforme che diano slancio alla crescita» e si dice favorevole all’ipotesi governativa di intervenire sull’età pensionabile.
E poi ancora, secondo il Centro Studi, la riforma fiscale deve alleviare il carico su redditi da lavoro e impresa e spostarlo su altri guadagni e consumi. Ma ci vogliono anche semplificazione, maggiore efficienza della pubblica amministrazione (e qui c’è l’indicazione di contenere le retribuzioni pubbliche, salite dal 1980 al 2009 del 43,9% in termini reali contro il 26,9% di quelle privati, forbice che si è ampliata più velocemente dopo il 2000), contrasto all’evasione, opere pubbliche, liberalizzazioni.
Fra gli elementi che fotografano la crisi: la disoccupazione e i bassi consumi. Dal 2008 sono rimaste a casa 582mila persone, mentre altre 473mila sono andate in cassa integrazione. Il tasso di disoccupazione resterà alto nel 2011, all’8,4%, e nel 2012, all’8,3%. Il numero degli occpati crescerà incece dello 0,2% quest’anno e dello 0,4% l’anno prossimo. Risultato: alla fine del biennio ci saranno 453mila occupati in meno rispetto al periodo pre-crisi. Diagnosi: «la prognosi sulla salute del mercato del lavoro non può essere sciolta».
Quanto ai consumi, si prevede un progresso leggero: +0,8% nel 2011 e +1% nel 2012. L’inflazione invece continuerà a scendere, al 2,6% quest’anno e al 2% l’anno prossimo.
Tutto questo si inserisce in un quadro internazionale non certo roseo. Quello della disoccupazione non è un problema solo italiano. E c’è la crisi greca che incombe. Qui l’analisi del Csc è chiara: no a qualsiasi ipotesi di ristrutturazione del debito greco, che avrebbe riflessi devastanti, forse anche peggiori di quelli seguiti al fallimento di Lehman Brothers.