Secondo quanto divulgato dai dati Istat, le tasche degli italiani hanno l’1% in meno di potere d’acquisto rispetto a 3 mesi fa (mentre il 2% rispetto al primo trimestre del 2011). I numeri parlano chiaro e i risultati sul reddito effettivo delle famiglie italiane, che dal 2000 hanno raggiunto i minimi storici, sottolineano, ancora una volta, quanto sia delicata la situazione economica nel nostro Paese.
Anche se il reddito disponibile è aumentato dello 0,9% rispetto allo scorso anno, a crescere (4%) è anche la spesa finale, cresce la spesa dei generi alimentari, in particolare carne, latte, formaggi, uova e zucchero, mentre cala anche l’acquisto di abbigliamento e calzature e degli immobili (4,6% annui).
Tenendo conto dell’inflazione si evince una crescita minima dei redditi, e una tendenza a congelare i risparmi e oculare gli acquisti (propensione al risparmio 9,2%). Simona Beretta, professoressa di Politica Economica presso l’Università Cattolica di Milano interpreta così i risultati: «Significa che la gente spende di più per avere le stesse cose di prima. E che ha indirizzato i propri acquisti verso l’essenziale, nel tentativo di risparmiare sul superfluo. Ne deduciamo che le famiglie, mediamente, si percepiscono più povere».
Un ulteriore dato estremamente negativo emerge anche per quanto riguarda le società non finanziarie, da quanto emerge dai risultati dell’Istituto Nazionale di Statistica infatti, il loro profitto tocca le quote più basse dal 1999, attestandosi al 38,8%, meno 0,9 punti percentuali rispetto allo scorso trimestre e 1,3% in meno al medesimo trimestre del 2011.
La stima effettuata dalle associazioni dei consumatori, Federconsumatori e Adusbef, riguardo il calo del potere d’acquisto dal 2008, sarebbe di ben 11,8 punti, dato che mette in allarme anche il Codacons.