Governance sul Web: il caso Facebook, tra usi impropri e privacy violata

di Alessandra Gualtieri

27 Febbraio 2009 14:30

Logiche di mercato contro diritti degli utenti? Il caso "Facebook e diritti sui contenuti pubblicati" insegna che l'utente ha sempre ragione... quasi sempre

Dopo il clamoroso “marcia indietro” di Facebook in merito alla gestione dei diritti sui contenuti pubblicati online dai suoi utenti, il social network compie un ulteriore passo per riconquistarne la fiducia.

Per i più scaltri è una operazione di marketing… Sta di fatto che ieri, il vice presidente alla Comunicazione e Affari Pubblici di Facebook, Elliot Schrage, ha pubblicato un post in cui invita gli utenti a inviare feedback e suggerimenti per definire le politiche di governance che FB dovrà adottare sui contenuti degli utenti.

Lavorare sulla percezione che si ha in Rete di Facebooke delle sue politiche, dunque: a questo sembra mirare l’astuta mossa strategica, dopo aver fallito la carta dei codicilli legali a rischio “raggiro utente”: in pratica, il caso Facebook dimostra che una logica di mercato aggressiva non paga se viene percepita come un sopruso!

Per cui, che si tratti di buona volontà in nome di trasparenza e privacy o di scaltro escamotage, saranno gli utenti a contribuire alla stesura dei cosiddetti Principi di Facebook e costruire un “futuro del Web 2.0” orientato a trasparenza e democratizzazione.

I punti chiave da definire? Tra quelli più “caldi” i diritti d’uso, che dovrebbero essere legati alla durata della sottoscrizione, l’introduzione di nuove regole, che devono essere accettata dagli utenti esplicitamente, trasparenza e chiarezza che vanno sempre garantite.

Ai Principi di FB si accompagnerà quindi una “Dichiarazione dei Diritti e delle Responsabilità“, con le linee guida operative. Obiettivo, definire un “nuovo modello di governance”, come lo ha definito lo stesso fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg.

A noi utenti l’ultima parola, dunque? Sarà, quel che è certo è che – amato o odiato – Facebook continua ad esserci vicino, nella vita privata e sul lavoro, per quanto – ancora una volta – si conferma la necessità urgente di una regolamentazione chiara sull’utlizzo delle informazioni personali in Rete.

Un esempio? È fresca la notizia dell’ennesimo risvolto ambiguo di Facebook e dei suoi “effetti collaterali in ufficio”: la giovane impiegata inglese Kimberley Swann è stata licenziata in tronco per «mancanza di rispetto»: l’aver scritto nel proprio status che il suo lavoro era noioso…