Come fare business con il Social CRM

di Stefano Besana

22 Ottobre 2010 09:00

Quanto è importante la reputazione della vostra azienda? Quanto conta ciò che clienti, partner, competitor e dipendenti dicono di voi?

La diffusione massiccia dei Social Media anche nella vita professionale rende necessario ripensare i legami classici tra aziende e clienti, perlomeno per quelle imprese che intendono cavalcare l’onda dell’innovazione ed evitare di essere travolte dal passaparola online, nel vano tentativo di controllarlo con metodi e tecniche tradizionali.

Il singolo utente ha lo stesso potere che una volta era attribuibile solamente ai media tradizionali e da cui oggi attinge il Social CRM, ossia quell’insieme di strumenti e metodologie che pongono clienti e dipendenti al centro dei processi lavorativi ma anche del proprio business.

Social Customer: potere ai consumatori

Si tratta di un cambiamento ormai consolidato: gli utenti Facebook – giusto per citare l’esempio più noto – hanno da poco superato i 500 milioni, confermando come i media partecipativi abbiano raggiunto una valenza universale; Nielsen segnala che i 3/4 degli utenti web spendono il 22% del proprio tempo sui social network e che si fidano il 70% in più delle opinioni di consumatori digitali rispetto ai modelli di advertising tradizionale (il 90% se si tratta di propri conoscenti).

Sempre in cerca di opinioni e idee per migliorare la propria esperienza utente. il Social Customer è quindi un utente attento e informato sui prodotti e sul mercato, in grado di esprimere – o gridare – la propria opinione e di convincere o farsi convincere ad acquistare o meno un determinato prodotto.

In pratica, un solo commento negativo su un vostro prodotto o servizio aziendale e potreste essere spacciati: una bocciatura web, infatti, può costare caro, molto più di quando si investite in pubblicità. La mancanza di coordinamento e dialogo di alcune aziende, che non hanno saputo o voluto fare i conti con il nuovo potere dei consumatori, ha determinato disastri finanziari. Il rischio maggiore per le aziende “poco consapevoli” è di non saper rispondere adeguatamente a potenziali crisi o indicenti, perdendo la faccia per non essersi rapportate in maniera onesta e trasparente con i propri clienti.

Il gigante svizzero Nestlé, ad esempio, è stato preso di mira dagli ambientalisti di GreenPeace per la distruzione della foresta pluviale indonesiana legata alla produzione dell’olio di palma acquistato per i propri prodotti come la barretta KitKat. Un video virale è stata fatto circolare in rete con il noto logo KitKat modificato in Killer condiviso da migliaia di utenti, che hanno riportato la polemica all’interno di Facebook. Nestlé, di tutta risposta, ha trattato in modo sgarbato gli utenti sulla sua pagina ufficiale, contribuendo ad accendere maggiormente la polemica.

Diviene dunque necessario ripensare le logiche tradizionali dei rapporti che regolano dinamiche interne ed esterne dell’azienda, laddove l’obiettivo non è più – solo – fare in modo che i consumatori acquistino il nostro prodotto o servizio ma anche di coinvolgerli in modo attivo e renderli promotori del nostro brand.

Social CRM: come funziona

Il noto esperto Paul Greenberg, autore del libro “CRM alla Velocità della Luce”, definisce il Social CRM «una filosofia e una strategia di business […] pensata per ingaggiare il cliente in una conversazione collaborativa al fine di generare vantaggio reciproco in un ambiente di fiducia e trasparenza». Dunque, la risposta delle aziende al crescente potere che i consumatori stanno acquisendo.

Con il Social CRM l’utente finale è coinvolto in maniera attiva in tutti i processi con un approccio multilivello, superando l’andamento unidirezionale tipico del CRM classico. Gli scenari di applicazione sono numerosi, tutti in grado di far risparmiare costi all’azienda abbattendo le spese, e di migliorare l’esperienza dell’utente e fornendogli un modo più proficuo per relazionarsi con il brand.

Marketing: nella creazione di comunità online in cui le relazioni si sviluppano e le informazioni vengono condivise nel miglioramento della relazione tra brand e clienti.

Vendite: spazi virtuali in cui l’azienda lancia concorsi, contest, anteprime, offerte speciali e trasforma la relazione da semplice interesse ad acquisto vero e proprio.

Supporto: un nuovo modello di Customer Care sviluppato non più partendo dall’alto ma dagli utenti e clienti stessi, coinvolti nell’intero processo di aiuto reciproco al fine di migliorare l’esperienza d’uso di un prodotto o di un servizio.

Innovazione: aree virtuali per la la gestione dell’innovazione e della partecipazione di tutti, basandosi sull’idea che le idee migliori sono quelle condivise e non nascono da un singolo individuo, ma – piuttosto – da una rete creativa.

Acquisto: la relazione classica del ciclo di acquisto di un prodotto o servizio si evolve in tempo reale sulla base dei feedback esterni, permettendo all’azienda di apprendere e migliorare.

Casi di successo

In che modo la teoria può essere praticamente applicata nei contesti aziendali per generare un ritorno economico e migliorare il rapporto con clienti e dipendenti? Vediamo alcuni casi di successo.

L’operatore di TV via cavo ComCast, attraverso il suo canale Twitter fornisce supporto ai clienti su disservizi e malfunzionamenti della piattaforma. Basti pensare che quando uno dei blogger di TechCrunch – con oltre 12.000 followers – condivise un tweet lamentando un disservizio, quelli di ComCastCares riuscirono a intercettarlo risolvendo il problema nel giro di una mezz’ora.

Il produttore di PC Dell è riuscito in tre anni a vendere oltre 7 milioni di macchine sfruttando il suo canale Twitter (che conta oltre 1,5 milioni di followers) coniugando vendita, assistenza e supporto online su tutti i prodotti.

La più grande catena di elettronica di consumo degli USA, BestBuy, ha deciso di spostare il proprio Customer Care su Twitter: oltre 12,000 dipendenti garantiscono un tempo medio di risposta di 12 minuti.

La nota catena Starbucks hanno potuto condividere suggerimenti per migliorare la qualità del servizio attraverso la piattaforma MyStarbucks Idea: in 6 mesi sono pervenute oltre 75.000 idee, di cui oltre 70 poi realizzate.

La Pepsi: ha rinunciato dopo 23 anni alla pubblicità televisiva all’interno del Super Bowl (nota per essere una delle più richieste negli Stati Uniti) e ha investito 20 milioni di dollari nel progetto di Social Media Marketing “The Pepsi Refresh Project”, ottenendo 300.000 fan su Facebook (contro i 390.000 dello storico rivale Coca Cola).

E in Italia?

In Italia non siamo ancora ai livelli di coinvolgimento utenti delle aziende USA, ma sono stati compiuti interessanti esperimenti che dimostrano quanto basti anche poco budget per creare un servizio innovativo.

Pensiamo all’account Twitter di Atac Mobile, che fornisce informazioni in tempo reale su traffico e viabilità della Capitale; il canale Twitter di Trenitalia cerca invece di instaurare un dialogo con i clienti spesso insoddisfatti del servizio, provando a risolvere i loro problemi o nel tentativo di consigliarli nel caso di disservizi; la Barilla ha invece pensato di lanciare una piattaforma che coinvolga i consumatori, invitati a inviare suggerimenti sui prodotti che vorrebbero (ri)vedere sulla propria tavola.

Consigli pratici

A questo punto non resta che mettere in evidenza alcuni punti chiave che possano aiutare le aziende a migliorare i propri servizi e i propri modelli di business.

Il primo step da intraprendere è sicuramente la presa di coscienza collettiva, e un aumento di consapevolezza legato al cambiamento dei processi classici con i quali siamo abituati a rapportarci. Questo sforzo è richiesto alle aziende, che devono ispirarsi agli esempi di successo imparando dai casi di insuccesso.

Il secondo step può essere quello di inserire nel proprio organico una figura specializzata in questo settore, o di rivolgersi a consulenti esperti che siano in grado di consigliare e costruire assieme una strategia d’azione condivisa che porti al successo.