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Direttiva UE imballaggi: impatto su imprese e consumatori

di Barbara Weisz

Pubblicato 9 Maggio 2023
Aggiornato 5 Settembre 2023 11:47

Imprese contro la Direttiva Ue sugli imballaggi, che penalizza l'export made in Italy alimentare e deprime ulteriormente i consumi alzando i costi.

Coldiretti, Confindustria e Confcommercio contro la Direttiva UE sugli imballaggi, che impone lo stop alle confezioni monouso per frutta e verdura di peso inferiore a 1,5 kg e la standardizzazione delle bottiglie per vino e alcolici.

Nel primo caso sono a rischio prodotti come insalata in busta, reticelle e cestini di frutta o vaschette di verdura. Nel secondo le bottiglie fuori standard come le magnum di spumante o i grandi vini invecchiati come Amarone o Barolo.

I punti controversi della Direttiva UE

Il riferimento è alla proposta di Regolamento presentata dalla Commissione di Bruxelles il 30 novembre e attualmente in fase di discussione. Se passerà, ci saranno pesanti conseguenze (maggiori costi per i produttori e minore offerta di mercato), con l’adeguamento da parte dell’intera filiera e un inevitabile impatto sui consumi.

Confezioni monouso

L’ultimo allarme arriva dall’associazione imprenditoriale degli agricoltori, in relazione ai prodotti di quarta gamma, come le insalate in busta o la frutta confezionata, che sono entrati ormai profondamente nelle abitudini degli italiani: il consumo di frutta e verdura è già in calo (-8% per la frutta e -10% per gli ortaggi), per cui un ulteriore disincentivo potrebbe avere un grave effetto negativo.

Imbottigliamento

Per quanto concerne le bevande alcoliche immesse sul mercato, la direttiva impone dal 1° gennaio 2030 che almeno il 10% utilizzi imballaggi inseriti in sistemi di riuso, salendo al 25% da 2040. Per i vini (ad eccezione degli spumanti) è prevista una soglia del 5% a partire dal 1° gennaio 2030 che salirà al 15% entro il 1° gennaio 2040. Anche qui, «un vero e proprio stravolgimento che soprattutto nel caso del vetro – accusa Coldiretti – rischia peraltro di vanificare tutto il lavoro fatto nel corso degli anni sul fronte del riciclo per indirizzarsi verso un riutilizzo dai contorni problematici e poco chiari».

Le critiche delle imprese

Secondo Coldiretti l’attuale formulazione regolamento andrebbe a colpire i due settori del Made in Italy più esportati. Le vendite di vino sui mercati stranieri hanno sfiorato nel 2022 la quota record di 8 milioni di euro in valore, l’ortofrutta ha raggiunto i 5,7 miliardi, a cui si aggiungono altri 4,8 miliardi di ortofrutta trasformata, quella più esposta ai cambiamenti in fatto di packaging. Pur condividendo la necessità di assicurare una maggiore sostenibilità dei consumi chiede dunque di correggere l’attuale proposta, eliminando i divieti per il monouso di frutta e verdura sotto il peso di 1,5 chili e ricalibrando le misure per il settore vinicolo al fine di non pregiudicare la qualità delle produzioni e la possibilità di scelta da parte dei consumatori.

Critiche anche da Confindustria, il vicepresidente Emanuele Orsini, segnala che la bozza «stravolge i principi fin qui adottati» per la gestione degli imballaggi «e avrebbe un impatto devastante su tutte le imprese italiane con quasi 7 milioni di posti di lavoro a rischio». «Condividiamo fortemente gli obiettivi della transizione ambientale, già da tempo al centro delle priorità delle imprese industriali, ma per completarla servono più tecnologia, più investimenti e soprattutto la necessaria proporzionalità e gradualità nelle regole, per permettere alle aziende di sostenerne i costi mantenendo alte leadership e competitività sui mercati internazionali».

Confcommercio, in sede di audzione al Senato sulla proposta di direttiva Ue, segnala «forti preoccupazioni tra le imprese operanti nei settori del commercio, del turismo, della ristorazione, dell’intrattenimento e dei servizi». Lo schema di regolamento, «punta sulla riduzione e l’eliminazione degli imballaggi, sulla valorizzazione dei prodotti sfusi, sui contenitori da riutilizzare attraverso l’introduzione vincolante e restrittiva di forme e modalità di cauzionamento». Secondo l’associazione datoriale, non è detto che questi aspetti «possano rivelarsi più efficaci e sostenibili rispetto al modello italiano già operativo, che negli anni ha portato a risultati di eccellenza per il raggiungimento degli obiettivi di raccolta differenziata fissati a livello europeo». I dati: «in Italia è stato conseguito un tasso di riciclo degli imballaggi per oltre il 70%, raggiungendo, con anni di anticipo, gli obiettivi previsti dall’Europa con la medesima percentuale per il 2030.

I target Ue sul riciclo e l’eccellenza italiana

Tra gli obiettivi stabiliti dalle direttive contenute nel pacchetto di economia circolare europeo vi è quello del riciclo del 65% dei rifiuti di imballaggi entro il 2025 e del 70% entro il 2030, con obiettivi diversificati per materiale, come illustrato nella tabella:

L’Italia ha già superato con largo anticipo per tutti i materiali d’imballaggio gli obiettivi fissati dall’Unione Europea per il 2025 e vicini se non sopra a quelli fissati per il 2030 per quasi tutti i materiali. Ecco i dati forniti da Confcommercio:

Quindi, gli imballaggi italiani rispettano tutte le regole di sostenibilità previste dall’Europa. Non solo: «pensare di vendere l’alimento sfuso e di vietare il prodotto monouso per privilegiare l’imballaggio riutilizzabile, non solo è contrario alle logiche più elementari di protezione dell’alimento e di tutela della salute del consumatore ma comporta un aggravio pesante in termini di produzione di CO2 quattro volte più che la produzione di contenitori monouso. In termini di consumo d’acqua viene ipotizzato per oltre 4-5 volte l’utilizzo e il consumo d’acqua potabile fresca». Infine, «il packaging alimentare rappresenta un elemento fondamentale per la tutela dell’integrità dell’alimento».