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Nel caso di rimborso diretto delle spese sostenute, il limite massimo annuale è determinato dalla capienza IRPEF e le somme eccedenti vengono perse. Ma se il credito viene ceduto questo limite esiste? E nel caso il terzo accetti il credito con i limiti massimi stabiliti dal decreto per i singoli lavori, l’Agenzia delle Entrate potrebbe richiedere il rimborso delle somme non spettanti? In questo caso, quali sono le responsabilità del cedente e del cessionario del credito?
La cessione del credito d’imposta, così come lo sconto in fattura, sono pensati per consentire l’utilizzo delle agevolazioni a coloro che non hanno capienza IRPEF.
Quindi, si può cedere il credito relativo all’intera somma ammessa a detrazione. Non rileva in alcun modo la capienza IRPEF. Ad esempio, chi effettua lavori per 50mila euro ammessi all’Ecobonus 110%, ha diritto a una detrazione di 60mila euro da fruire come sconto immediato dal fornitore (con tetto massimo determinato dal corrispettivo dovuto di 50mila euro) oppure cedere l’intero credito.
Fornitori e cessionari rispondono solo per l’eventuale utilizzo del credito d’imposta in modo irregolare o in misura maggiore rispetto al credito d’imposta ricevuto. In generale, quando viene applicata un’agevolazione per somme non spettanti, l’Agenzia delle Entrate procede al recupero delle somme, maggiorato di interessi e sanzioni. Ma non è il caso del credito ceduto maggiore della capienza IRPEF.
Trova tutte le indicazioni nel provvedimento dell’Agenzia delle Entrate dello scorso 8 agosto, che contiene le disposizioni attuative per l’esercizio delle opzioni di sconto in fattura o cessione dl credito, previste dall’articolo 121 del dl 34/2020.