Cresce l’eCommerce – come era facile immaginare in periodo di chiusure dei negozi fisici – ma frena il comparto servizi a causa dello stop al turismo così che (pur con il boom di altri settori come il food), come sottolineato da Riccardo Mangiaracina, responsabile scientifico dell’Osservatorio eCommerce B2c – School of Management del Politecnico di Milano, la pandemia Covid «contrariamente a quanto si possa pensare, ha frenato la crescita del mercato eCommerce B2c in Italia, che certamente sarebbe stata più elevata senza l’emergenza sanitaria, con l’eccezione di alcuni settori merceologici come il Food&Grocery in cui ha provocato un’accelerazione del mercato online». Altro impatto rilevante: la crisi ha «modificato gli equilibri tra online e offline forzando l’offerta a soddisfare le mutate esigenze di consumo e ad accelerare il suo processo di digitalizzazione e spingendo i consumatori a un utilizzo più frequente dei canali online». Dati, riflessioni e analisi di mercato sono state presentate nel corso della XVI edizione di Netcomm Forum, che si è svolto in formato interamente digitale il 12 e 13 maggio.
=> E-commerce: come vincere la sfida post lockdown
Nei primi otto mesi della pandemia l’Italia bloccata dal lockdown ha compiuto, in termini di digitale, un salto evolutivo di dieci anni in cui a cambiare sono state le abitudini degli e-shopper, ma anche la governance e l’organizzazione delle imprese, i cui canali digitali hanno assunto rilevanza anche nel contesto B2B. E, sintetizza Roberto Liscia, presidente del Consorzio del commercio digitale italiano, «in un mondo che corre, le imprese devono fermarsi a riflettere». Ci sono cambiamenti che «provengono da ogni dove: i consumatori, l’ambiente, le istituzioni e le tecnologie. Le strategie da intraprendere sono complesse e il saper fare impresa necessita di un continuo apprendimento».
Dunque, per le imprese la sfida digitale è in un momento cruciale. Partiamo dai dati sull’e-commerce. In base ai dati presentati nel corso dell’evento, nel 2020 gli acquisti online degli italiani sono cresciuti del 3,4% e hanno raggiunto i 32,4 miliardi di euro.
Come detto, da una parte c’è la robusta crescita dei comparti di prodotto, +45%, che hanno raggiunto i 25,9 miliardi di euro, dall’altra il brusco stop dei servizi, calati del -52%, per un valore degli acquisti online ridotto a 6,5 miliardi di euro. La crescita dell’e-commerce B2c di prodotto è pari, in termini assoluti, a 8 miliardi di euro, e riguarda in particolare Informatica ed Elettronica di Consumo (+1,9 miliardi), Food&Grocery (+1,3 miliardi) e Arredamento e Home Living (+1,1 miliardi). Spicca la drastica flessione del turismo, che ha perso 6,7 miliardi di euro sul 2019. Infine, la penetrazione dell’online rispetto all’intero settore retail passa dal 7% del 2019 al 9% del 2020.
Ora, «per continuare a sostenere l’evoluzione digitale delle imprese e contribuire con la rete del valore del digital retail alla crescita del sistema economico italiano occorre un cambio di paradigma – sottolinea Liscia -, ovvero ragionare con una visione di Connected Economy che aggreghi e sappia creare sinergie per cittadini, consumatori, imprese e Pubblica Amministrazione». La ricetta: «un programma concreto di transizione al digitale che supporti e faciliti le imprese in un processo definitivo e irreversibile, connettendo sistematicamente i distretti, le filiere industriali, gli organi pubblici e le imprese, affinché si possano offrire ai cittadini e ai consumatori benefici e servizi in linea con i nuovi stili di vita e supportare le aziende nell’essere sempre più sostenibili e competitive».
Altri dati che possono rappresentare un punto di partenza per le strategie digitali. Da una ricerca di Netcomm realizzata in collaborazione con MagNews sulla trasformazione dei percorsi di acquisto dei consumatori tra il 2020 e il 2021 nei settori Fashion, Food e Personal Care, emergono cinque tipologie di consumatore:
- Consumatore Contemporaneo: giovane, residente nel Centro/Sud Italia, acquista sia online che offline senza preferenze, per importi medi. Preferisce la relazione e lo scambio diretto ma durante la pandemia ha dovuto compensare alcuni dei touchpoint fisici con quelli mediati dai canali digitali (Social, influencer, review);
- Fast Shopper: donna, over 45, con scarsa dotazione tecnologica e titolo di studio basso, acquista online per importi medio-bassi.
- Offline Buyer: giovanissimo e over 65, abitante in centri medio-piccoli del Nord Italia, preferisce acquistare in store presso negozi di fiducia a piccoli importi;
- Omnichannel Shopper: uomo o donna di mezza età che vive in grandi centri, ben istruito e che possiede un’ottima dotazione tecnologica. Il suo customer journey è articolato tra momenti online e offline;
- Digital First: prevalentemente uomo trentenne e/o over 55 che vive in grandi centri, con un ottimo livello di istruzione e una buona dotazione tecnologica. Il suo customer journey è molto articolato ed è prevalentemente online. Si tratta di un cliente ad alto valore che spesso riacquista.
Nell’ultimo anno, i fast shopper e gli Offline buyer sono spesso stati costretti dalla pandemia ad abbandonare l’esclusiva scelta del punto fisico e convertirsi all’adozione di nuovi comportamenti, elevandosi a Omnichannel Shopper. Una parte consistente dei consumatori omnichannel durante l’emergenza sanitaria ha convertito le proprie abitudini verso touchpoint e canali online, diventando consumatori digitali sempre più radicati e adottando un customer journey tipico dei Digital First. La rilevanza di quest’ultimo cluster, digital first, è aumentata considerevolmente nell’ultimo anno. Ecco come sono cambiati gli acquisti nei tre settori analizzati:
- il digitale è passato da 2% a 12,9% negli acquisti di ambito Fashion;
- da 2% a 9,9% negli acquisti in ambito Food;
- da 2% a 12,8% negli acquisti in ambito Personal Care.
I punti critici. Nonostante il boom digitale del 2020, in Italia l’acquisto pro-capite online è terzultimo rispetto agli altri mercati, con un valore di 619 dollari rispetto a 2.012 dollari della Sud Corea o 1.404 dollari della Germania. Fra i motivi, le difficoltà con i pagamenti digitali: spesso l’esperienza d’acquisto si interrompe durante i processi di autenticazione 3DS2 (le transazioni messe in sicurezza dall’autenticazione a doppio fattore emesse dalle carte di pagamento). A marzo 2021 l’Italia ha registrato un tasso di fallimento delle transazioni (ossia la percentuale di autenticazioni 3DS2 che vengono abbandonate o rifiutate a seguito di una contestazione) del 42%: una percentuale molto più elevata della media europea, che si attesta al 30%.
La sfida, per le imprese, passa attraverso l’utilizzo dei dati, che devono aiutare a prevedere la domanda, ridurre le scorte e gli sprechi, generare test di prodotti, prezzi e promozioni pensati sulle esigenze degli acquirenti, tenere monitorato il sistema operativo per il miglioramento dell’efficienza aziendale. Roberto Liscia rileva anche la «forte necessità di abbattere le barriere normative che creano asimmetrie tra online e offline, approvare una nuova regolamentazione dei servizi e dei mercati digitali a livello europeo e sostenere lo sviluppo in chiave digitale delle filiere e delle PMI beneficiando delle strade aperte dalla trasformazione digitale per far ripartire il Paese e tornar a far crescere il nostro Made in Italy nel mondo».