TFR in busta paga al via: guida ai pro e contro

di Barbara Weisz

Pubblicato 3 Marzo 2015
Aggiornato 10 Marzo 2015 10:02

Tassazione ordinaria e non separata, effetti su ISEE, detrazioni, fondi pensione, bonus 80 euro e contributi: pro e contro per il dipendente che si fa anticipare il TFR in busta paga.

L’operazione anticipo TFR in busta paga è ufficialmente partita, dallo scorso 1 marzo i dipendenti del privato possono chiedere al proprio datore di lavoro il versamento mensile, insieme allo stipendio, della quota maturanda di liquidazione, in base a quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2015 (comma 26 della legge 190/2014). Mentre le associazioni imprenditoriali e sindacali testano le intenzioni dei dipendenti e fotografano la situazione, le istituzioni proseguono l’opera normativa: mancano ancora il decreto attuativo ministeriale e il documento ufficiale di accordo fra ABI, associazione banche italiane, e Governo per i finanziamenti bancari agevolati alle PMI. Vediamo con precisione come si configura la situazione attuale.

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TFR in busta paga: la norma

Innanzitutto, riassumiano i termini fondamentali della norma, che comunque è in vigore ed è anche operativa, per cui i dipendenti possono già operare la loro scelta. La possibilità di scegliere l’anticipazione del TFR in busta paga riguarda i dipendenti del privato che abbiano almeno sei mesi di anzianità aziendale. La scelta può essere fatta fino al prossimo settembre 2015 ed è poi irreversibile fino al giugno 2018: significa che fino a quella data il lavoratore non può più cambiare idea. L’anticipo riguarda la quota maturanda di TFR. I versamenti iniziano dal mese successivo a quello in cui il dipendente ne fa richiesta all’azienda (possibilità che è partita dallo scorso primo marzo) e proseguirà fino al giugno 2018. Quindi se, ad esempio, un lavoratore comunica in marzo la volontà di ricevere l’anticipazione del TFR in busta paga, avrà il primo versamento insieme allo stipendio di aprile.

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Nelle aziende con meno di 50 dipendenti, invece, i tempi sono più lunghi. Nel caso in cui abbiano bisogno di un finanziamento bancario (possibilità assicurata dalla legge con condizioni agevolate), i versamenti inizieranno dal quarto mese successivo alla domanda. Una cosa fondamentale da tener presente è che la legge prevede per la quota di TFR che viene anticipata la tassazione ordinaria e non quella separata, più favorevole, applicata al TFR che viene accantonato. Altra cosa importante: possono scegliere l’anticipo anche i dipendenti che attualmente versano il TFR ai fondi pensione.

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Provvedimenti attuativi mancanti

In pratica i provvedimenti attuativi mancanti sono due:

  1. il decreto del Governo che fissa con precisione le regole attuative del meccanismo stabilito dalla Legge di Stabilità e che si prevede arrivi entro la fine di questa prima settimana di marzo;
  2. l’accordo con l’ABI, che in particolare riguarda le PMi sotto i 50 dipendenti, alle quali è destinato, su richiesta, un finanziamento agevolato da parte delle banche che aderiscono al protocollo.

In pratica la somma da anticipare al dipendente viene completamente versata dalla banche a tassi agevolati e con il rientro previsto con gli stessi termini e le stesse modalità del versamento della liquidazione al momento in cui termina il rapporto di lavoro. Significa che l’impresa restituisce i soldi alla banca nel momento delle dimissioni o del licenziamento (cioè, quando versa il TFR al dipendenete), applicando al prestito gli stessi taassi previsti per la liquidazione.

=> TFR in busta paga: il modello QU.I.R

Calcoli sul TFR in busta paga

La domanda è: a chi conviene maggiormente farsi anticipare il TFR in busta paga? Naturalmente la prima considerazione da fare è del tutto personale e riguarda il fatto che si tratta di un somma che viene anticipata e che quindi diventa immediatamente disponibile per far fronte a eventuali necessità. La seconda cosa è calcolare quanto si guadagna e quanto si perde. Qui interviene il meccanismo di tassazione: l’aliquota separata sul TFR è pari al 23% ed è quindi uguale all’aliquota del primo scaglione IRPEF, per i redditi fino a 15mila euro. Significa nche per i redditi fino a 15mila euro, la misura è assolutamente neutra, nel senso che non si perde nulla.

=> Scaglioni IRPEF: le aliquote 2014 e 2015

Per i redditi più alti, invece, l’anticipazione si risolve in una perdita, corrispondente alla differenza fra tassazione separata e tassazione ordinaria, che di fatto sale con l’aumentare dello stipendio. Vediamo una tabella con i calcoli effettuati dalla Fondazione Studi dei Consulenti del Lavoro. In sintesi, un dipendente che guadagna fino a 25mila euro all’anno, facendosi anticipare il TFR, perde 50 euro all’anno (che diventano 167 fino al 2018), poi si sale fino a una perdita di 570 euro all’anno, 1.897 in tre anni per chi ha uno stipendio da 95mila euro.

Retribuzione annua TFR aliquota fiscale TFR anticipato TFR netto annuo TFR mensile aliquota tassazione separata TFR in azienda TFR annuo accantonato differenza annua Differenza al giugno 2018
15.000 euro 1.036 23% 798 66 23% 798 00 00
20.000 euro 1.381 27% 1.008 84 23,4% 1.058 -50 -167
25.000 euro 1.727 27% 1.261 105 24,1% 1.311 -50 -167
35.000 euro 2.418 38% 1.499 125 25,3% 1.806 -307 -1.022
50.000 euro 3.454 38% 2.141 178 29,1% 2.448 -307 -1.022
75.000 euro 5.181 41% 3.057 255 32,4% 3.501 -444 -1.481
95.000 euro 6.562 43% 3.740 312 34,3% 4.310 -570 – 1.897

=> Guida pratica al TFR in busta paga

Contro: ISEE, detrazioni e fondi pensioni

L’anticipazione del TFR comporta una busta paga più pesante fino al 2018, e questo ha effetto sul reddito ai fini ISEE e sulle detrazioni IRPEF. Significa che ci potrebbe essere uno svantaggio per chi deve accedere a prestazioni di welfare per cui è necessario l’ISEE, perché l’indicatore della situazione economica equivalente sarà più alto. La somma in più incide anche sulle detrazioni fiscali sul lavoro dipendente e sui familiari. In pratica, sempre in base ai calcoli della Fondazione Studi, per un reddito di 23mila euro, fra tasse in più e riduzione degli sgravi fiscali, c’è una perdita intorno ai 330 euro all’anno (50 di tasse in più e fino a 270 di perdita sulle detrazioni).

=> TFR in busta paga: problemi per le agevolazioni ISEE

Infine, un’altra considerazione riguarda i fondi pensione: il lavoratore che opta per l’anticipazione della quota di TFR che prima andava a una forma di previdenza integrativa, di fatto, assottiglia il proprio secondo pilastro previdenziale, perdendo i contributi che sceglie di non versare fino al 2018. Questo significa che alla fine della propria carriera percepierà un assegno più basso. Qui ognuno deve farsi i calcoli, che dipendono dalle condizioni previste dal proprio fondo, dall’andamento, dal numero di anni di iscrizione. Secondo alcuni calcoli, in media si può perdere dal 10% al 30% dell’assegno previdenziale integrativo.

=> Fondi pensione e TFR: rendimenti a confronto

Pro: liquidità, bonus 80 euro, contributi

Il primo vantaggio è rappresentato, come detto, dal fatto che si ottiene un’anticipazione di liquidità, spendibile per eventuali esigenze immediate. Un lavoratore che guadagna 18mila euro, avrà a disposizione una somma intorno ai 72 euro in più al mese, che salgono a 100 euro per chi guadagna 25mila euro, a 125 per uno stipendio da 35 mila euro. Altro punto a favore, le somme in più erogate a titolo di anticipazione del TFR non incidono sull’aumento da 80 euro in busta paga, nel senso che non si sommano al reddito ai fini di questa detrazione. Significa che, ai soli fini dell”aumento di 80 euro al mese stabilito sempre dalla Legge di Stabilità (che ha trasformato in detrazione la somma che nel 2014 è stata invece corrisposta come credito d’imposta), le somme in più che arrivano in busta paga come anticipazione del TFR non incidono sul reddito complessivo, che resta quindi invariato. La misura è importante perché il bonus da 80 euro al mese spetta solo ai redditi fino a 24mila euro lordi e decresce poi fino ad azzerarsi a quota 26mila.

=> Bonus IRPEF: calcolo credito d’imposta nel 730

Ultimo punto a favore: l’anticipazione è neutra anche dal punto di vista del calcolo dei contributi previdenziali, che quindi non aumentano.