
In corso un un tavolo negoziale permanente fra Governo e parti sociali che affronta anche la riforma delle pensioni. Fino a qualche mese fa la revisione del sistema previdenziale era fra le priorità, mentre le nuove emergenze economiche legate alla guerra in Ucraina hanno cambiato l’agenda del Governo. Resta il fatto che, entro fine 2022, bisogna arrivare ad una riforma delle pensioni, per evitare che dal primo gennaio 2023 si torni ai requisiti previdenziali pieni della legge Fornero, ovvero pensione di vecchiaia a 67 anni e anticipata con 42 anni e dieci mesi di contributi (un anno in meno per le donne).
Riforma Pensioni 2023: ultime novità
Il dibattito è tornato ad accendersi in sede di audizioni parlamentari sul DEF, il Documento di economia e finanza. Secondo la Corte dei Conti è «fondamentale ridare caratteristiche di certezza e stabilità al quadro normativo, dopo gli interventi temporanei degli ultimi anni». Tradotto: bisogna fare la riforma pensioni. Con i seguenti obiettivi: dare solidità strutturale alla previdenza obbligatoria e spingere più significativamente sulla previdenza integrativa e di secondo pilastro.
La magistratura contabile affronta anche il nodo della flessibilità in uscita, sottolineando la necessità di preservare le caratteristiche del sistema contributivo, in linea con la posizione del Governo:
Andrebbe considerata l’ipotesi di convergere gradualmente, ma in tempi rapidi, verso una età uniforme per lavoratori in regime retributivo e lavoratori in regime contributivo puro.
Riforma pensioni 2023: le proposte
La posizione del Governo in materia di flessibilità in uscita è ancorata alla necessità di non uscire dal sistema contributivo. Una posizione che i sindacati sembrano aver accettato come base di partenza per definire nuove forme di flessibilità in uscita. Che, comunque, restano fra le priorità della riforma, che si concentrerà anche su altri fattori strutturali, come le pensioni dei giovani, o la previdenza complementare.
Pensione contributiva da 64 anni
Fra le ipotesi sul tavolo, nell’ambito del dibattito tra Governo e parti sociali, domina dunque la pensione anticipata a 64 anni con tetto contributivo (potrebbe essere 20 anni) e una decurtazione del 3% per ogni anno di anticipo. Esiste anche un’alternativa: la pensione in due tempi, con la quota contributiva che viene liquidata subito nell’attesa di maturare quella retributiva.
Pensioni donne, gravosi e usuranti
Diverse le proposte che arrivano dal fronte sindacale, attivo nel tavolo negoziale con il Governo. La Cisl insiste su un percorso di riforma che vada nel senso di una maggiore equità e sostenibilità sociale, tenendo in considerazione la possibilità di accedere alla pensione in modo più flessibile, tutelando maggiormente chi svolge lavori usuranti e gravosi, rafforzando la previdenza delle donne, definendo pensione contributiva di garanzia per chi rientra interamente nel sistema contributivo ed è particolarmente penalizzato dal lavoro discontinuo, incentivando maggiormente la previdenza complementare e sostenendo il potere di acquisto dei trattamenti pensionistici in essere.
Quota 41 per tutti
La Cgil propone una flessibilità in uscita a partire da 62 anni di età o con 41 anni di contribuzione a prescindere dall’età, pensione contributiva di garanzia per i più giovani e per coloro che svolgono lavori poveri e discontinui, riconoscere le diverse gravosità dei lavori e valorizzare il lavoro di cura e delle donne, intervenire sulle pensioni in essere, anche attraverso il rafforzamento della 14esima mensilità.
APE Sociale per gravosi autonomi
Sul fronte delle imprese, Confartigianato sottolinea il tema della gravosità delle occupazioni nell’ambito del lavoro autonomo, che dovrebbe trovare una soluzione legislativa appropriata del quadro della stabilizzazione dell’APE Sociale e della sua estensione al lavoro autonomo. L’ultima legge di Bilancio ha esteso a tutto il 2022 l’applicazione dell’Ape sociale, prevedendo anche un ampliamento a nuove professionalità individuate in base ai lavori della Commissione tecnica lavorazioni gravose, ma con riferimento al solo lavoro dipendente.
Infine, il Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro) ritiene che il tema delle pensioni non possa essere affrontato in modo avulso dalle criticità del mercato del lavoro e senza prevedere una reale politica di sostegno ai giovani, alle donne e ai soggetti deboli. Sotto tale riguardo, fondamentali restano l’orientamento durante il percorso scolastico e la formazione, che deve essere sempre più attenta alle competenze digitali, su cui l’Italia è fortemente in ritardo.