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Aiuti di Stato alle imprese: il riordino

di Francesca Vinciarelli

Pubblicato 18 Aprile 2012
Aggiornato 11 Luglio 2012 16:13

Il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera prepara il riordino degli aiuti di Stato con una riforma da portare in CdM entro giugno: il consuntivo e il confronto con l'Europa.

Il riordino degli aiuti di Stato alle imprese è una delle priorità che si è posto il ministro dello Sviluppo Economico del governo Monti, Corrado Passera, con l’obiettivo di dare una sferzata alla crescita dell’economia italiana.

La riforma degli aiuti di Stato che Passera vuole portare in Consiglio dei Ministri entro giugno, prevede il taglio degli aiuti di Stato discrezionali, ovvero quelli che poggiano le basi sull’intermediazione politica e burocratica.

Secondo il ministro, infatti, bisogna puntare su aiuti automatici e rivolti principalmente alla ricerca di prodotti capaci di rendere il tessuto produttivo italiano competitivo sui mercati internazionali.

Tra le novità previste dalla riforma di Passera c’è la definizione di nuovi aiuti di Stato anche per settori finora esclusi come l’artigianato, le cooperative e l’autotrasporto.

Aiuti di Stato 2005-2010

Sono state 545mila le domande accolte a livello nazionale e regionale tra il 2005 ed il 2010, per 45,7 miliardi di euro di risorse distribuite (84mila euro in media ad agevolazione), di cui però quasi 8 miliardi e mezzo sono stati revocati (di questi, 7,6 destinati a interventi nazionali e 800 milioni per quelli regionali).

Gli aiuti nazionali rappresentano il 68% del totale e l’importo medio è di 153mila euro. Quasi la metà degli aiuti (46%) è andata al Mezzogiorno. I più finanziati (44%) sono stati i progetti di ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica, mentre all’internazionalizzazione è arrivato solo il 4%. Il 57% delle agevolazioni sono state concesse sotto forma di contributi a fondo perduto, il 43% come finanziamenti agevolati.

A fornire i numeri sugli aiuti di Stato italiani sono stati i tecnici del Ministero, secondo cui le tipologie di agevolazione in Italia sono fin troppe: 1082 in sei anni. Di queste 78 concesse dalla amministrazioni nazionali e le altre dalle Regioni. Nel 2010 però le agevolazioni attive erano già scese a 866: 51 a livello nazionale e 815 a livello regionale.

La riduzione non è frutto di un razionale riordino degli incentivi quanto piuttosto un effetto della crisi economica che ha portato ad una graduale riduzione degli stanziamenti diretti. Quelli a fondo perduto e per crediti d’ imposta, infatti, erano 12 miliardi nel 2006 per poi passare ai 10 del 2008, fino ai 6 circa del 2009 e del 2010.

Un andamento che è andato di pari passo con l’aumento dei fondi di garanzia dello Stato a favore dell’accesso al credito delle aziende. Iniziativa che ha portato ad una crescita dei prestiti bancari, che sono passati dal miliardo del 2007 ai 5,2 del 2010.

E anche la riforma di Passera punterà sull’utilizzo di un fondo di garanzia con un plafond di 400 milioni di euro nel biennio, capace di generare un flusso di investimenti per un totale di 20 miliardi di euro l’anno, secondo le stime del Ministero. Viene poi alzato il limite massimo garantito per ogni impresa portandolo da 500 mila euro a 1,5 milioni di euro.

Italia vs. UE

Rispetto all’Europa, su questo come su tanti altri fronti, siamo agli ultimi posti. In media in Europa gli aiuti di Stato rappresentano lo 0,6% del prodotto interno lordo (PIL), mentre in Italia solo lo 0,4%. Più nello specifico in Germania rappresentano lo 0,7% del PIL, in Francia e Grecia lo 0,8%, in Svezia e Irlanda lo 0,9% e in Danimarca l’ 1%. Fa peggio di noi invece il Regno Unito con lo 0,3%.

Il gap Italia-UE diventa ancora più ampio se insieme ai consueti aiuti di Stato si considerano anche le misure anti-crisi straordinarie varate dai Governi a sostegno delle imprese. Nell’UE infatti, nel 2009, sono stati 427 miliardi di euro quelli distribuiti con gli aiuti di Stato e 354 con le misure anticrisi.

Prendendo in considerazione anche questi parametri l’Italia ha sostenuto le imprese con risorse pari allo 0,6% del PIL, mentre la media UE è del 3,6%. Tra i Paesi più virtuosi figura ancora la Germania con il 4,8%, ma anche il Regno Unito con il 7,9%, la Francia con il 2,2% e la Danimarca con il 4,6%.