Ai lavoratori italiani il lavoro flessibile piace davvero tanto. A tal punto da ritenerlo in grado di produrre effetti importanti sui livelli di occupazione. Lo afferma la società di ricerca Dynamic Markets, a fronte dei dati raccolti nell’indagine “Flexible Working 2009” commissionata da Avaya e volta a delineare i tatti salienti dei feedback forniti da oltre 3.500 lavoratori di tutta Europa (Francia, Spagna, Germania, Italia, Russia e Regno Unito).
L’82% del campione ritiene infatti che il lavoro flessibile possa favorire la creazione di nuovi posti di lavoro, agevoli la conservazione di quelli esistenti e la reintegrazione di coloro che si riaffacciano al mondo del lavoro. Viene inoltre considerato un’ottima opportunità, poiché permetterebbe di gestire più facilmente impegni di vario tipo senza sottrarre tempo al lavoro (lo afferma il 66% degli intervistati) e di lavorare in modo più soddisfacente e felice (secondo il 51%).
La convinzione che la flessibilità possa contribuire a un rafforzamento dei mercati del lavoro è particolarmente radicata in Russia (91%), Spagna (87%) e Regno Unito (88%). Ma anche molti italiani (82%) ne sono convinti. Sul piano microeconomico, il 33% degli intervistati del nostro Paese ritiene che i lavoratori flessibili possano far risparmiare denaro alle aziende, visto che queste figure non sono costantemente presenti in ufficio.
Secondo il campione “italiano”, i lavoratori flessibili sono più produttivi (48%). Inoltre, il 37% ritiene che questa categoria si impegni ancora più a fondo durante l’orario di lavoro. Anche la maggiore lealtà è un fattore sottolineato, seppure non predomini nelle risposte (24%).
Nonostante a livello europeo il 95% degli intervistati abbia associato al lavoro flessibile almeno a una qualità tra soddisfazione, produttività e forte dedizione, si ritiene che i fattori chiave affinché i datori di lavoro implementino questo approccio sono costituiti dall’aumento della produttività (59%) e dalla volontà di mantenere attive anche le risorse talentuose alle prese con impegni famigliari (59%). Per la metà degli intervistati i vantaggi sono percepibili anche in termini di costi sostenuti dal datore di lavoro; una quantità significativa (34%) ritiene infine motivante vedere i casi di successo che hanno funzionato presso altre realtà aziendali.
«Non si tratta solo di coloro che hanno già adottato il lavoro flessibile e ne decantano i vantaggi; abbiamo scoperto che la differenza di opinione fra i dipendenti flessibili e quelli che non lo sono è davvero minima in termini di benefici percepiti – ha sottolineato Michael Bayer, President Field Operations, EMEA di Avaya -. Esiste a volte la percezione che il management possa essere riluttante nei confronti della flessibilità per via di temi inerenti la fiducia. La realtà è che il 55% dei senior manager ritiene che i lavoratori flessibili siano più produttivi e il 52% sostiene che essi mettano più impegno nel lavoro».
Anche l’aspetto legislativo potrebbe rivelarsi determinante nell’applicazione del modello flessibile. Fra coloro che attualmente non lavorano secondo uno schema flessibile, il 66% degli italiani ha ammesso che supporterebbe questo approccio se fossero introdotte norme ad hoc nel proprio Paese, soprattutto i genitori e coloro che sono in attesa del primo figlio.
In particolare, l’81% dei dipendenti italiani (il valore più alto tra i vari paesi europei) sarebbe disposto a prendere in considerazione una riduzione di stipendio a fronte della possibilità di lavorare flessibilmente. In media, nel nostro Paese si sarebbe pronti a sacrificare il 12% della retribuzione mensile.