La crisi del mercato auto in tutta Europa coinvolge soprattutto il Gruppo Fiat, e potrebbe avere pesanti ripercussioni anche dal punto di vista occupazionale: a poche ore dalla diffusione dei dati relativi al crollo delle vendite nel settore auto che hanno caratterizzato il primo semestre del 2012, arriva infatti l’annuncio della chiusura forzata dello stabilimento di Pomigliano prevista tra il 20 e il 31 agosto.
La crisi delle vendite in Italia e in Europa, che vede Fiat perdere una buona fetta di immatricolazioni soprattutto per quanto riguarda la vendita delle city car, è quindi la causa principale della decisone presa dai vertici del Lingotto di interrompere la produzione per 10 giorni alla fine di agosto, una scelta che rappresenta il tentativo estremo di riportare l’equilibrio fra produzione e domanda, un fine che rende necessario il ricorso alla cassa integrazione.
Una nota diffusa dai vertici Fiat, che sottolinea come il mercato italiano si stia arenando sui livelli del 1979, illustra le motivazioni che porteranno alla chiusura temporanea di Poligliano: “Per lo stabilimento di Pomigliano, in salita produttiva dall’inizio dell’anno, non era stato fino ad oggi necessario alcun intervento. Oggi, però, la situazione impone di ridurre la produzione per evitare inutili e costosi accumuli di vetture. Dopo la chiusura estiva la fabbrica si fermerà per due settimane, dal 20 al 31 agosto“.
Non va meglio nello stabilimento Fiat di Piedimonte San Germano, nei pressi di Cassino, dove la Fiom ha annunciato una protesta di otto ore contro l’ipotesi di chiusura definitiva del sito e di accorpamento con Pomigliano: un intervento che provocherebbe inevitabilmente qualcosa come duemila esuberi, e che invece dovrebbe essere evitato attraverso una politica di rilancio dell’impianto che rappresenta una fonte di reddito per 3900 lavoratori.
L’annuncio della chiusura supplementare di Pomigliano ha scatenato numerose reazioni da parte del mondo politico, critiche verso l’operato dell’azienda torinese soprattutto nei confronti dei lavoratori. Esemplare la dichiarazione rilasciata dal leader dell’Udc, Pier Ferdinando Casini. “La Fiat negli anni ha avuto grande attenzione da parte del settore pubblico. Oggi se ne va alla chetichella e questo è negativo. Non ho visto attuare i programmi di investimento promessi. Per questo da italiano non posso santificare Marchionne“.