Un dipendente ha il diritto di rifiutare un trasferimento chiamando in causa l’ipotesi di danni esistenziali? Lo chiarisce la Cassazione, che con la sentenza n. 11527 del 14 maggio 2013 ha ribadito l’obbligo di fornire prove precise anche per dimostrare l’esistenza di danni non patrimoniali.
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Nel caso specifico della sentenza emessa dalla Suprema Corte, infatti, il lavoratore aveva chiesto un risarcimento al datore di lavoro per avergli imposto un trasferimento non richiesto, dichiarando di aver subito un danno esistenziale senza, tuttavia, produrre alcuna testimonianza.
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Una richiesta che non è stata accolta dai Giudici e, pertanto, il comportamento del datore di lavoro non può essere dichiarato illegittimo, infatti il dipendente non è stato in grado di documentare le conseguenze del trasferimento sul piano affettivo e familiare e secondo la Cassazione “non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale”.
«Se è vero che il danno esistenziale consiste nell’obiettivo peggioramento delle condizioni di vita, conseguenza di un fatto che ha inciso su beni costituzionalmente protetti, e se è altrettanto vero che, nella specie, ci si trova dinanzi ad un fatto ingiusto del datore di lavoro che può avere inciso su diritti costituzionalmente rilevanti, collegati alla famiglia, alla vita di relazione ecc, è altresì vero che non è in re ipsa detto peggioramento.»
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E non solo. Il lavoratore protagonista della vicenda era solito viaggiare molto anche prima del trasferimento (trascorrendo fuori sede la settimana lavorativa), quindi secondo la Cassazione le decisioni aziendali non avrebbero potuto provocare un reale peggioramento della qualità della sia vita.